Torturata dalla “sindrome di Cassandra” per aver visto giusto nella crisi e nell’Europa di Maastricht, ricevendo in cambio ripetuti schiaffi dell’elettorato e un gradimento che gli ultimi sondaggi quantificano al 2%, la Rifondazione comunista arriva al suo nono congresso senza rappresentanza parlamentare e senza soldi. Con l’unica ricchezza dei suoi militanti (e simpatizzanti) sempre pronti a lavorare alle feste per il partito, ancora vive e partecipate nella maggioranza dei casi. E collaborare con le altre realtà della diffusa, ma frastagliatissima, sinistra italiana nell’organizzazione di mobilitazioni, vertenze e campagne civili.

Da oggi a domenica a Perugia si fa il punto della situazione, in un appuntamento che non dovrebbe riservare sorprese mediatiche, almeno a giudicare dall’orientamento dei 40mila iscritti del 2012, calati però del 25% nell’annus horribilis del flop di Rivoluzione civile. Fra di loro, in 16mila hanno partecipato ai congressi che, escludendo il ben più strutturato Pd, solo il Prc organizza a partire dai suoi 900 circoli. E i voti sui tre documenti congressuali, ma ancor più sugli emendamenti che hanno segnato il terreno all’interno della mozione principale di Paolo Ferrero e Claudio Grassi, indicano nei fatti che la proposta politica del segretario uscente Ferrero resta la più seguita dal corpo militante del partito.

Ancorché parziali, (871 circoli e a 99 federazioni su 122), i numeri dicono che il documento Ferrero-Grassi viaggia sul 75%; quello di Falce&Martello di Claudio Bellotti circa l’8%; e quello presentato da oltre 500 iscritti, che si sono autorganizzati sul territorio perché nel congresso entrassero anche le loro istanze, circa il 16%. Quanto agli emendamenti, i due che portavano il documento principale a divergere nelle prospettive fra Ferrero e Grassi hanno raccolto l’approvazione solo in 20 e in 16 federazioni su 99.

Da questi dati, almeno a inizio congresso, esce la fotografia di una Rifondazione che vuol restare autonoma dal Pd e da coalizioni di centrosinistra. Pronta a correre alle elezioni europee con le altre formazioni della sinistra continentale, da Syriza al Front de Gauche, dalla Linke a Izquerdia Unida, presentando come candidato presidente della Commissione il greco Alexis Tzipras di Syriza. E tesa alla costruzione di un fronte di sinistra anche in Italia. Senza però partire dall’unificazione con l’altra forza comunista del Pdci, quanto dalla prosecuzione dei rapporti con le realtà di movimento con cui è stato dato vita, al voto per le scorse comunali, ad esperienze di volta in volta premiate (Una città in Comune a Pisa, Sinistra per Siena) o bocciate (Repubblica Romana) dagli elettori. Ma sempre seguendo la strada di riunire le sparpagliate forze della sinistra diffusa, con un chiaro progetto politico di alternativa. E con sempre maggior attenzione all’attività di base, leggi i circoli che in pratica hanno permesso a Rifondazione di esistere ancora, ma ad esempio sono stati consultati solo a cose fatte nell’avventura di Rivoluzione civile.