Se è vero che la rivoluzione non russa, nella Stalingrado grillina sembra comunque sonnecchiare. Volevano rivoltare la città i giovani sanculotti a 5 Stelle che, ormai due anni fa, conquistarono il Comune di Parma in uno sfavillio di proclami e buone intenzioni. Strada facendo i loro forconi si sono spuntati contro la realpolitik della gestione quotidiana, inducendoli a più miti consigli.

«Rifiuti zero», il loro acuto grido di battaglia in campagna elettorale con il «No» a quell’impianto di incenerimento allora in costruzione a una manciata di chilometri dal centro storico. Doveva essere fermato, smontato, venduto a pezzi ai cinesi e, il resto, riconvertito dagli olandesi in un impianto di selezione evoluto. Parma come San Francisco, mecca internazionale del riciclo virtuoso. E Parma, umiliata dalle manette che avevano travolto la giunta comunale di Pietro Vignali, si aggrappò al credo ambientalista di Federico Pizzarotti, felice di riconquistare i riflettori nazionali per lo strabiliante risultato del voto, non più per le ruberie della città champagne.

Ma da dieci mesi l’inceneritore fuma alle porte della città, a due passi dalla Barilla, nel cuore della food valley. L’inaugurazione ufficiale avverrà tra qualche settimana, intanto comunque brucia i rifiuti del capoluogo e di un pezzo della provincia anche se all’orizzonte si profila il rischio che possa ospitare spazzatura da altri territori (se ne sta discutendo in Regione) fosse solo per restituire il favore di dieci anni di esportazione parmigiana. Ipotesi immediatamente stroncata dall’amministrazione pentastellata, con la stessa forza con la quale aveva bocciato anche l’accensione del camino. «Dovranno passare sul cadavere di Pizzarotti» tuonò in piena campagna elettorale Beppe Grillo contro quello che bollò come un tumorificio. «Avremo un cadavere schiacciato» chiosò con ironia Elvio Ubaldi, il sindaco che quel progetto lo vide nascere.

Eppure Pizzarotti, quel forno, dimostrò di volerlo spegnere davvero. Lo mise addirittura, nero su bianco, nel programma di insediamento: «Stop alla costruzione dell’inceneritore e sua riconversione in un centro di riciclo e recupero». E la sua maggioranza monocolore votò compatta. «Non ho mai detto che lo avrei fermato, ma che avrei fatto il possibile» afferma invece oggi il sindaco, sconfessando pubblicamente il suo stesso documento. Un’aperta contraddizione che i parmigiani accettano con rassegnato distacco, salvo che la questione non leda l’orgoglio locale. Se Grillo parte all’attacco – «Chi mangerà il parmigiano e i prosciutti imbottiti di diossina?» – il sindaco, animato da sano realismo, si affretta invece a premiare, proprio nella giornata del santo patrono, l’imbufalito Consorzio di tutela del salume ducale. «Un brand, quello del Prosciutto di Parma sinonimo di eccellenza e di qualità», si legge nella motivazione dal sentore riparatorio.

Più che una rivoluzione, quindi, quell’inceneritore si sta rivelando una via crucis per il primo cittadino, partito con candido slancio. «Mica mettiamo una bomba, si va da Iren e si parla», disse a urne ancora calde. E per tutta risposta la multiservizi, che aveva già investito 194 milioni di euro, chiese un risarcimento danni per stop al cantiere da 27 milioni (sulla cui congruità dovrà a breve decidere il Tar) ai quali se ne potrebbero aggiungere altri 7 a causa di un fermo deciso dallo stesso Pizzarotti.

Ma anche l’accensione costa e l’obiettivo «rifiuti zero» resta un miraggio nonostante la raccolta differenziata spinta sia stata estesa a tutta la città per portare Parma al di sopra di quel misero 50% che la relega a fondo classifica tra i comuni della regione. L’amministrazione 5 Stelle ce la sta mettendo tutta, ma il sistema di raccolta, lo stesso adottato da Iren in tutte le zone servite, è aspramente criticato dall’opposizione comunale che chiede un ritorno ai più igienici cassonetti mentre oggi i sacchetti dell’immondizia si accumulano nelle strade con i parmigiani confusi che abbandonano sui marciapiedi tutto quello che non sanno come e dove smaltire.

«La colpa di Pizzarotti agli occhi di Grillo – scrive il capogruppo del Pd in consiglio comunale Nicola Dall’Olio – è di non essere più, e probabilmente non essere mai stato, rivoluzionario». E sull’inceneritore aggiunge: «Non ha avuto il coraggio di immolarsi per fermarlo a ogni costo». I parmigiani però non hanno rispolverato la ghigliottina perché dopo la Parma champagne sembrano accontentarsi di un’onesta malvasia. «Almeno questi non rubano», il commento più diffuso che circola nei bar. Con buona pace della rivoluzione attesa.