Una firma 10 passi. Ieri la proposta di legge popolare Rifiuti Zero è arrivata a Montecitorio: in tarda mattinata i promotori hanno presentato simbolicamente le oltre 80 mila firme alla presidente della Camera Laura Boldrini. A guidare la delegazione il primo firmatario Massimo Piras, che ha affermato con soddisfazione: «Continuano ad arrivare altri pacchi di firme, ma purtroppo non saranno prese in considerazione. Il colloquio con la Presidente è stato molto lungo e approfondito, la legge apre scenari importantissimi, non ultimo quello occupazionale. Si tratterebbe di 500 mila posti di lavoro non delocalizzabili, creabili in base a questa nuova concezione del ciclo produzione-consumo».
In poco più di un anno di attività Rifiuti zero ha raccolto migliaia di adesioni trasversali attraverso comitati sparsi in tutta Italia, impegnati in battaglie locali a difesa dell’ambiente e uniti sotto la piattaforma comune da cui è nata la legge d’iniziativa popolare approdata in Parlamento. Ma la strada è ancora lunga, come spiega Piras: «Dopo la verifica delle firme la proposta passerà alla Camera. Abbiamo chiesto a Boldrini che Rifiuti zero non venga stravolta dagli emendamenti, perché sappiamo che molti contenuti della legge metterebbero in crisi parecchi monopoli economici». Il provvedimento riprende la gran parte dei contenuti da una legge europea che diventerà obbligatoria dal 2014. Ridurre il rischio per la salute connesso allo smaltimento dei rifiuti, recepire ed applicare il risultato referendario del giugno 2011 sull’affidamento della gestione dei servizi pubblici locali, diminuire del 20% la produzione di rifiuti entro il 2020, introdurre la responsabilità civile e penale per il reato di danno ambientale non sembrano infatti contenuti da ambientalisti incalliti. Ma potrebbero rappresentare un problema l’approvazione del la moratoria sui nuovi inceneritori e la richiesta di eliminazione della combustione come pratica industriale. «Abbiamo ricevuto pieno appoggio da Sel – chiarisce Piras – il Movimento 5 stelle ha espresso qualche criticità ma molti apprezzamenti e dal Pd non è arrivato alcun sostegno unitario».
Novità anche dall’altra parte della barricata: il padre della discarica di Malagrotta, nonché imprenditore numero uno dei rifiuti Manlio Cerroni ha annuciato ieri, dalle pagine comprate per l’occasione su numerosi giornali, la chiusura della sua creatura più mostruosa. Nella lettera aperta intitolata «Malagrotta, missione compiuta» indirizzata al presidente del Consiglio, al ministro dell’Ambiente, a tutti gli enti locali e i cittadini romani, si legge: «Dal primo ottobre inizia la complessa opera di chiusura di una discarica che è stata la fortuna e al salvezza di Roma e ha fatto risparmiare i romani». Al suo posto sorgerà un bioparco. Ribatte Piras: «Malagrotta è il disastro, non la fortuna di Roma. Una bomba ad orologeria che verrà dissinnescata in trent’anni, ad essere ottimisti, grazie alla quale Cerroni ha costruito il suo monopolio, in Italia ed in Europa. Ma il sistema è alla fine del ciclo. Lo hanno capito tutti».