Virginia Raggi potrà utilizzare alcuni impianti di trattamento dei rifiuti sparsi nel Lazio. Ma deve ripulire la città dall’immondizia entro dieci giorni, vista la situazione emergenza ecologica e rischio sanitario. Se non è un commissariamento formale, opzione che pure non sarebbe esclusa dal ministro dell’ambiente Sergio Costa, poco ci manca. Così, la regione di Nicola Zingaretti ha dato il via libera all’utilizzo di altri impianti ad Aprilia, Frosinone, Castelforte, Pomezia e Viterbo. È in arrivo un’ordinanza concordata con il ministero competente che disciplini e vincoli la sindaca. I numeri sono impietosi. Paolo Longoni, nuovo amministratore delegato di Ama, ha spiegato lo scorso 2 luglio in commissione trasparenza del Campidoglio che la capitale non riesce a smaltire almeno 300 delle 2600 tonnellate di rifiuti indifferenziati (su 4600 totali) prodotti ogni giorno. A ciò bisogna aggiungere un’azienda al collasso, con mezzi indisponibili e personale carente nonostante gli undicimila dipendenti.

Di sicuro c’è che il sistema di raccolta e lavorazione dei rifiuti è a dir poco claudicante: basta che una macchina si inceppi o che una delle stazioni del circuito si blocchi a mandare in tilt tutto quanto il sistema e mettere la città in ginocchio, come è avvenuto in questi giorni. L’intoppo più clamoroso era arrivato nello scorso mese di dicembre, quando il Tmb del Salario si è incendiato. Quell’impianto doveva essere una stazione intermedia di lavorazione dell’immondizia ma spesso, hanno denunciato per mesi i comitati, assumeva la funzione di una vera e propria discarica in mezzo ai palazzi.

Da qui si arriva all’emergenza di questi giorni. Raggi aveva chiesto che il presidente della regione Lazio Nicola Zingaretti autorizzasse con un’ordinanza gli impianti nel territorio regionale a ricevere la spazzatura fino al massimo della loro capienza. Costa e Zingaretti hanno disposto le misure urgenti che consentono di riempire gli impianti di cui Roma è carente da quando ha smesso di ricorrere alla mega-discarica di Malagrotta, di proprietà del ras dei rifiuti Manlio Cerroni, ma non è riuscita a trovare soluzioni alternative. Gli assessori che si sono succeduti hanno seguito piste diverse. L’ultima ad averci provato era stata Pinuccia Montanari, inviata in riva al Tevere direttamente da Beppe Grillo con la missione di incrementare in maniera ambiziosa la raccolta differenziata. Si è dimessa a febbraio, seguita a stretto giro dall’amministratore delegato Lorenzo Bagnacani quando il Campidoglio non ha approvato il bilancio dell’azienda municipalizzata dei rifiuti. Il sospetto, dicono i maligni, è che Raggi punti a dimostrare che Ama è in passivo per fare intervenire Acea, la Spa cassaforte del Campidoglio dedita soprattutto ad acqua ed energia con ramificazioni internazionali e portafoglio finanziario globale.

La paura più grande, al di là delle mosse tattiche, è un’altra: che una strategia vera e propria la sindaca non ce l’abbia e che una situazione difficile di per sé venga gestita senza uno sguardo complessivo. Ancora ieri, Raggi lamentava l’intervento tardivo di Zingaretti. «I camion Ama girano per la città ma il grosso dei rifiuti rimane in terra perché materialmente non sappiamo dove portarli. La situazione è questa dall’inizio di giugno, quando si è rotto un impianto ed è andato in manutenzione un altro», dice la sindaca, che pure fino a pochi giorni fa diffondeva parole rassicuranti, faceva circolare le solite immagini di denuncia sui furbetti dell’immondizia e assicurava interventi immediati sui cumuli al ciglio delle strade.

Zingaretti attacca: «Su ogni problema la sindaca fa lo scaricabarile non assumendosi mai le sue responsabilità. Attivando i poteri sostitutivi con un’ordinanza cominciamo a mettere le cose a posto».