La questione rifiuti a Roma è da tempo diventato lo specchio migliore della crisi della politica.

Malgrado l’incredibile situazione di degrado che caratterizza da tempo ogni strada della Capitale, ancora non esiste alcuna prospettiva di risoluzione all’orizzonte. Il grande merito della proposta di delibera sui rifiuti presentata dai Radicali Roma sta proprio qui, nella scelta di prendere il toro per le corna. Ossia di affrontare il vero problema che non può più essere aggirato: l’assenza di impianti di trattamento e smaltimento delle diverse tipologie di rifiuti. Del resto era solo una questione di tempo, ma la folle idea di risolvere con la logistica i problemi conseguenti alla chiusura della più grande discarica d’Europa a Malagrotta non poteva funzionare a lungo. Ancora in questi giorni il Comune e l’Ama continuano a organizzare ogni giorno camion, treni e navi in partenza per lontane destinazioni nazionali e internazionali, sempre più costose, per evitare di dover fare i conti con la realtà. Che non sia più una questione tecnica ma politica, lo dimostra il cambiamento avvenuto in tutta Italia in questi anni, da Regioni come Veneto, Lombardia e Trentino Alto Adige, a città come Agrigento e Ragusa, che superano il 70% di raccolta differenziata, come racconta l’ultimo rapporto di Legambiente Comuni ricicloni.

Basterebbe copiare bene, chiamare qualche bravo manager per risolvere la prima parte del problema, ossia l’organizzazione della raccolta. Ma poi come gestiamo quanto viene prodotto ogni giorno dai romani? I mesi che mancano alla fine della fallimentare consiliatura Raggi non possono essere sprecati, questa volta chiunque si candiderà a Sindaco di Roma dovrà chiarire quale percorso propone per uscire da questa situazione, con quali impianti e attraverso quale percorso di coinvolgimento e informazione dei cittadini. Sgombriamo il campo dalle scuse, non è un problema di risorse, perché i cittadini romani pagano le tariffe più care d’Italia e ogni anno versano qualcosa come 700 milioni di Euro all’Ama per gestire in questo modo i rifiuti. E con risorse di questa dimensione non è un problema finanziare la realizzazione di una moderna impiantistica nell’area romana.

La sfida, ben più difficile di questi tempi, è trovare qualcuno capace di metterci la faccia di fronte a cittadini che hanno perso ogni fiducia. Perché servirà metterci tempo, pazienza e competenze per spiegare come si intende costruire un efficiente progetto di economia circolare attraverso moderni sistemi di raccolta differenziata porta a porta e una efficiente filiera di impianti di recupero e riciclo. In un’area come quella romana, dove sono tante le attività artigianali e industriali in crisi, è possibile organizzare filiere di recupero di plastica, vetro, metalli, carta, ma anche di preziosi materiali dai rifiuti elettrici ed elettronici, come di aggregati da demolizioni edilizie al posto di materiali provenienti da cave. Allo stesso modo si possono individuare aree dismesse prossime a territori a vocazione agricola dove trasformare i rifiuti organici in biometano e compost in impianti di digestione anaerobica.

Bisogna partire da queste tipologie di impianti per costruire un percorso credibile e praticabile di chiusura delle filiere dei materiali nell’area romana, confrontandosi con le comunità per anticipare le proteste, ascoltando e spiegando. Dimostrando la disponibilità a operare modifiche, perfino a cambiare le localizzazioni laddove necessario, ma non a tornare indietro. Anche perché l’obiettivo è di ridurre la spesa dei cittadini e rilanciare l’economia laziale, coinvolgendo le competenze diffuse tra università, enti di ricerca e imprese. Il cambio per la politica è radicale, perché dovrà essere capace di fissare le regole, di garantire sulla qualità delle scelte impiantistiche, di controllare e in parallelo costruire una domanda di mercato di prodotti provenienti dal riciclo attraverso obiettivi minimi di utilizzo da introdurre in tutti i bandi e capitolati pubblici, come prevedono da tempo le

Direttive europee. Partendo da zero, può sembrare una montagna troppo difficile da scalare, ma è da qui che passa la credibilità di un progetto culturale e politico di rilancio della città.

* Vicepresidente nazionale Legambiente