È previsto per questa mattina, il rientro dei cinque attivisti facenti parte della delegazione di Antigone che martedì sono stati fermati dalla polizia russa, interrogati e sottoposti a più di nove ore di fermo amministrativo a Nižnij Novgorod, nella Russia europea centrale. Stanno «tutti bene» e sono stati «trattati con rispetto», il presidente nazionale dell’Arcigay, Flavio Romani, la direttrice dell’associazione A Buon Diritto, Valentina Calderone, e i dirigenti di Antigone, Alessio Scandurra, Grazia Parisi e Michele Miravalle.

Sono stati rilasciati martedì notte, dopo l’intervento della Farnesina e del consolato italiano, e dietro pagamento di una piccola multa comminata per aver violato le norme sull’ingresso nel Paese, secondo le accuse della polizia russa che ha fatto irruzione nella sede dell’associazione «Committee Against Torture» dove era appena cominciata una riunione organizzata dall’Ong russa «Man and Law», partner di Antigone in un progetto di scambio sui diritti umani, le carceri e la prevenzione della tortura. Proprio nell’ambito di questo progetto, alcuni mesi fa erano venuti in Italia una delegazione della rete Eu-Russian civil society forum che riunisce diverse associazioni russe.

«La polizia – racconta Valentina Calderone mentre è in viaggio con i suoi compagni verso Mosca – ci ha mostrato un foglio con la denuncia di un cittadino che diceva che in tal ora e in tal posto avremmo svolto un’attività diversa rispetto a quella del visto turistico che avevamo. Ma non è così: quando abbiamo richiesto il visto, abbiamo detto il motivo del viaggio, dettagliando i posti dove saremmo andati e le persone che avremmo incontrato. Ci hanno tenuto nella sede per due ore, poi hanno compilato un verbale che non abbiamo firmato e ci hanno portato all’ufficio immigrazione, contestandoci l’illecito».

Una vicenda che, come commenta Calderone, «dimostra come questo sia un momento particolarmente difficile per chi in Russia si occupa di diritti umani. Eravamo ad un incontro con persone che hanno una attività riconosciuta e il fatto che venga osteggiato lo scambio con altri Paesi fa capire quanto sia difficile per loro lavorare. Siamo solidali con loro e speriamo di avere altre occasioni di scambio».