In un video proiettato all’università di Bologna durante il convegno «Riding the platform, quale regolazione per i lavoratori delle piattaforme?» venerdì 27 settembre la ministra del lavoro Nunzia Catalfo ha preannunciato una svolta sulle tutele dei rider contenute nel decreto «Salva imprese» in attesa di conversione. Dopo il cambio di maggioranza, l’intento del governo «Conte Due» è «assicurare le tutele della subordinazione a chi svolge stabilmente l’attività di ciclo-fattorino in modo continuativo. E al tempo stesso garantire a tutti gli altri un nucleo minimo inderogabile di tutele, tra le quali ci sarà quella alla retribuzione dignitosa collegata contratti collettivi nazionali». Una posizione che sembra recuperare l’iniziale volontà di riconoscere a questo segmento del lavoro digitale la subordinazione nella durata del rapporto di lavoro, capovolgendo l’attuale impostazione secondo la quale i rider sono lavoratori autonomi che operano in un sistema misto tra cottimo e pagamento orario. Nel precedente governo, quando al ministero del lavoro c’era Luigi Di Maio, questa intenzione fu inserita in una delle bozze del «decreto dignità» e durò 48 ore o poco più. Se fosse riconosciuta da una legge, l’Italia seguirebbe la California. Lo Stato che ospita la Silicon Valley ha da poco riconosciuto la subordinazione di questi «gig workers», anche se la battaglia con i capitalisti delle piattaforme digitali si preannuncia lunga. In questa cornice non andrebbe trascurata né la protezione dei lavoratori che operano in forme diverse dalla subordinazione su altre piattaforme, né la tutela di un reddito minimo per tutti gli occasionali e precari che alternano il lavoro al non lavoro. Il lavoro digitale dei rider è un prisma nel quale si riflette la condizione precaria di milioni di persone (Il Manifesto, 12 settembre e 20 settembre).

SE IL GOVERNO manterrà questa impostazione, dopo 16 mesi di stallo, è prevedibile che anche in Italia la temperatura dello scontro si alzerà. Un assaggio c’è stato ieri nel corso delle audizioni in corso nelle commissioni Lavoro e Industria al Senato. Il conflitto tra le associazioni delle piattaforme, i sindacati e i collettivi del sindacalismo sociale si è rivelato, ad esempio, sulla permanenza del cottimo digitale. Il divieto assoluto «snaturerebbe la tipologia di lavoro che si basa sulla quantità di lavoro svolto e non è quello che vogliono i rider» ha detto Matteo Sarzana manager di Deliveroo e presidente di Assodelivery. Per Sarzana «i rider ci chiedono flessibilità a fronte di una paga assolutamente soddisfacente». Dello stesso avviso si è detto Alberto Ferramosca dell’associazione «Riders Italia» secondo il quale il cottimo sarebbe «un sistema meritocratico che permette di guadagnare bene. Senza potremmo arrivare a guadagnare il 40% di meno».

DI TUTT’ALTRO AVVISO sono i ciclofattorini che da un biennio si sono auto-organizzati in sindacati sociali e hanno organizzato lotte e scioperi tali da cambiare radicalmente la percezione su questo lavoro, ispirando anche importanti sentenze dei tribunali (a Torino) e iniziative legislative in Piemonte, Emilia Romagna e Lazio, oltre che in città come Bologna con la carta dei diritti. Per Nicola Quondamatteo (Riders Union Bologna) nel cottimo digitale emergono elementi di lavoro servile e per questo va abolito. Al suo posto va prevista una paga minima oraria a cui aggiungere una maggiorazione a consegna da contrattare a livello aziendale. Il tutto va ricondotto nelle forme della subordinazione previste dalla legge e nel contratto della logistica. Le norme attuali sul «cottimo misto», previste nel decreto «Salva imprese», vanno cambiate. «Il cottimo è una questione politica – ha aggiunto Yiftalem Parigi della «Firenze Riders» – Bisogna evitare di mettere a rischio la sicurezza propria e degli altri». Per Tania Scacchetti, segretaria confederale Cgil, l’attuale decreto va ripensato. In più bisogna prevedere i diritti di informazione, al riposo, al sindacato e alla manutenzione dei mezzi, oltre che il divieto di ranking reputazionale».

IL PRESIDENTE DELL’INPS Pasquale Tridico ha proposto durante la sua audizione una piattaforma comune con l’Inail al fine di creare un sistema unico di «prestazione di lavoro, contratto di lavoro, assicurazione e contributi». In questo modo ai rider potrebbe essere garantita una copertura in caso di infortunio.