Il ricorso che i due capigruppo del Movimento 5 Stelle hanno presentato ieri alla Corte costituzionale contro la legge Rosato è un tentativo ardito di portare la nuova legge elettorale davanti alla Consulta senza passare, com’è stato per il Porcellum e per l’Italicum, dal «giudizio incidentale» e quindi da un tribunale ordinario. Non è il primo tentativo, perché nel pieno della discussione della nuova legge l’avvocato Besostri aveva già presentato per conto di quattro deputati (due ex grillini e due ex montiani) un ricorso diretto; in quel caso l’obiettivo era l’Italicum ma il motivo era lo stesso: l’approvazione della legge elettorale con la fiducia.

Per l’Italicum erano state tre, per il «Rosatellum» ci sono volute ben otto fiducie (tre alla camera e cinque al senato), una procedura speciale che sembrerebbe preclusa dall’articolo 72 quarto comma della Costituzione. La Corte costituzionale non si è mai pronunciata sulla legittimità di questa procedura applicata alle leggi elettorali, limitandosi in occasione della sentenza sull’Italicum a rispondere di no alla richiesta di sollevare autonomamente il caso di fronte a se stessa. Nessun tribunale, infatti, aveva accettato di sollevare dubbi sulla questione del voto di fiducia.

Quello che adesso firmano il deputato grillino Valente e il senatore Endrizzi è un conflitto di attribuzione «avverso atto legislativo», cioè appunto la nuova legge elettorale. Fanno presente alla Corte di non essere stati in grado di esercitare come parlamentari (e come gruppo) la funzione di rappresentanti della nazione, perché il Rosatellum è stato blindato senza che fosse possibile votare alcun emendamento. Il ricorso è dunque nei confronti delle camere e «ove occorra» del governo che ha messo la fiducia. La corte dovrà decidere sull’ammissibilità di tale ricorso diretto (previsto in Francia e, per le leggi elettorali, anche nella riforma costituzionale bocciata dal referendum del 4 dicembre).

Una sentenza della Consulta del 2005 su un conflitto sollevato dal Csm contro la legge finanziaria stabilì che «l’ammissibilità del conflitto tra poteri dello stato non può essere negata sulla sola base della natura legislativa degli atti» e sembrerebbe essere questo il caso. Eppure, sempre secondo la stessa sentenza della Corte, non può essere seguita la via del conflitto di attribuzione come rimedio generale tutte le volte in cui sia percorribile la strada del «giudizio incidentale»: i casi del Porcellum e dell’Italicum dimostrano che quella via è ormai aperta anche per le leggi elettorali. Resta però una strada in salita, i cui risultati possono arrivare tardi (il Porcellum è servito a eleggere tre parlamenti prima di essere abbattuto) mentre le elezioni con il Rosatellum sono alle porte. Particolare delicato: nel caso venga accolta la tesi della incostituzionalità della fiducia, sarebbe tutta la legge e non una sua parte a decadere. Per questo i ricorrenti hanno chiesto alla Consulta di applicare la misura della sospensione (prevista per i conflitti stato-regioni). L’udienza per decidere sull’ammissibilità del precedente ricorso, contro la fiducia sull’Italicum, è già fissata per il 12 dicembre. Il ricorso di Endrizzi e Valente potrebbe essere accorpato. Dal momento che è un ricorso contro la procedura di formazione della legge non ha avuto bisogno di aspettare la firma di Mattarella, con la quale il Rosatellum sarà promulgato. Nel giro, comunque, di poche ore.