Nel febbraio 1921, nella sede dell’Alliance Française di Firenze, Tony André tenne una delle sue note conferenze: dopo Petra, Damasco, Gerusalemme, Baalbek era la volta di Palmira. Proiettò 81 diapositive, che allora erano lastre positive di vetro, proprio come i negativi. A Palmira, tappa significativa del suo secondo viaggio in Medioriente, l’erudito francese ci andò nell’estate del 1910. Da Damasco percorse piste incerte nel deserto e, dopo una breve sosta a an-Nabk, giusto il tempo di far abbeverare i cavalli, e poi nel villaggio di Main, proseguì per al-Qaryatayn, dove fu ospitato nell’abitazione dello sceicco, adorna di statue e reperti provenienti da Palmira. Si fermò anche presso le rovine del castello omayyade Qasr al-Hayr al-Gharbi prima che il suo calesse lo conducesse finalmente a Palmira. Vent’anni dopo Agatha Christie avrebbe fatto lo stesso percorso, con una sola differenza: ci arrivò in automobile. Sicuramente un tragitto più rapido, ma non meno avventuroso che la scrittrice tradusse in parole ispirate: “Io credo che il fascino di Palmira consista in questo: la sua snella, vellutata bellezza si eleva fantastica nel mezzo del bollore della sabbia. E’ leggiadra, favolosa e incredibile come le artificiose impossibilità dei sogni. Corti e templi e rovinate colonne… Non sono mai riuscita a stabilire cosa realmente penso di Palmira. Per me conserva sempre l’onirica proprietà della prima visione. Il mal di testa e gli occhi doloranti me la fanno apparire ancor più come un’illusione causata dalla febbre! Non è – non può essere – vera!”, scriveva in Viaggiare è il mio peccato.

Anche Tony André rimase affascinato dall’antica capitale nel deserto tanto da scattare oltre un centinaio di immagini, puntando il treppiedi nella sabbia e aspettando che calasse un po’ il sole per documentare i numerosissimi monumenti, dalla Porta Trionfale al piccolo tempio, dal grande colonnato al tempio di Bel, dal portico centrale ai frammenti di bassorilievi. Raggiunse anche la valle dei sepolcri per immortalare le caratteristiche torri sepolcrali, di cui non mancò di specificare, sul bordo di ogni lastra, quale fosse la più bella. Tornò, poi, a Damasco da dove partì in treno per Maan, lungo la linea della Ferrovia dell’Higiaz e procedere quindi per Madain Salih per visitare l’antica capitale nabatea di Hegra.

Quando nel 1997 ho iniziato a collaborare con l’ICCD-Istituto Centrale del Catalogo e della Documentazione alla schedatura e catalogazione del fondo storico André (che consta di oltre 7000 tra negativi e diapositive) il profilo biografico di Tony André era ancora tutto da ricostruire. Proprio l’esame di ogni singola lastra, e delle note scritte in francese sul bordo, è stato un punto di partenza necessario.

Tony André – teologo, pastore della Chiesa Evangelica Riformata di Firenze, docente di lingua e letteratura francese, studioso di archeologia biblica (parlava fluentemente il francese, l’italiano, il tedesco, l’inglese e conosceva anche l’arabo e l’ebraico) – nacque nel 1868 ad Annecy e morì a Firenze nel 1953 lasciando, oltre al fondo fotografico acquistato nel 1976 dall’allora Gabinetto Fotografico, numerosi studi filologici sulle Sacre Scritture, saggi di archeologia biblica e sul protestantesimo (tra cui L’Eglise Evangélique Réformée de Florence depuis son origine jusqu’à nos jours, 1899). A Strasburgo, nel 1946, pubblicò il suo unico roman folkloriste dal titolo Le cachet du Roi Mesa, ambientato tra Gerico e l’Higiaz. E’ lo stesso autore a citare le fonti bibliografiche quando scrive : Rifugiato, privato dei miei appunti di viaggio, per completare e arricchire i miei souvenir vecchi di trentacinque e trentatré anni, ho consultato e messo a profitto l’opera del Reverendo P. Jaussen, Coutumes des Arabes au pays de Moab, 1908. Ci tengo a rendere a questo profondo conoscitore Domenicano della Scuola di Studi Biblici di Gerusalemme l’omaggio che gli è dovuto. Il romanzo è indiscutibilmente complementare alle lastre dei viaggi in Medio Oriente del 1908 e 1910, scenario in cui avvengono le peripezie di due giovani francesi impegnati nell’inseguimento di un incommensurabile pezzo d’antiquariato, rubato da un inglese senza scrupoli e destinato a risplendere nelle teche del noto museo londinese. Il lieto fine è assicurato, ma tra le righe è esplicita la denuncia da parte dell’autore dei cacciatori di tesori, allora come oggi.

Mostra “Tony Andrè a Palmira”

a cura di Giorgio Barrera in collaborazione con l’ICCD

Ragusa Photo Festival. Uno sguardo dal Mediterraneo

Dal 22 luglio al 21 agosto 2016

Tony André. Souvenir de voyage: Palmira, 1910