La memoria italiana ha lasciato la Somalia a 20 anni fa, con la missione di peacekeeping Restore Hope, a cui partecipò anche il nostro contingente, e l’omicidio di Ilaria Alpi.

Da allora solo notizie sporadiche: raccontati approssimativamente gli attentati del jihadista al-Shabaab, cellula somala di al-Qaeda, sfiorate da lontano le tematiche legate a siccità, carestie e malattie correlate, taciute le questioni politiche che girano intorno a istituzioni deboli, fazioni in lotta e disoccupazione dilagante.

ACCANTO ALLA VITA che riprende su Lido Beach, Jazeera Beach e Warsheekh Beach, le più frequentate spiagge di Mogadiscio, e accanto alle elezioni del nuovo presidente Mohamed Abdullahi Mohamed, “salutate” a febbraio da un attentato nel mercato di Kaawo-Godeey, nel quartiere Wadajir, il lavoro italiano non si è fermato.

Siamo ad Hargheisa, capitale del Somaliland, riconosciuta dalla comunità internazionale come regione autonoma della Somalia, soggetta al governo federale di Mogadiscio. Le mappe coloniali africane dal 1960 hanno subito solo due modifiche significative: la separazione dell’Eritrea dall’Etiopia nel 1993 e l’autonomia del Sud Sudan nel 2011.

La Somalia britannica nel 1991 ha autoproclamato la sua indipendenza, ma l’affermazione come paese non è mai arrivata. In questo lembo di terra è cresciuto il progetto del Mohamed Aden Sheikh – Children Teaching Hospital (Mas-Cth).

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Cure all’ospedale di Hargheisa. Foto: Federica Iezzi

OSPEDALE COSTRUITO grazie all’ingegno italiano, è stato fortemente voluto da Mohamed Aden Sheikh, medico chirurgo, ministro della Salute in Somalia negli anni ’70 e prigioniero politico del regime di Siad Barre. La costruzione nel 2012 è stata seguita da un periodo di formazione in loco di una nuova generazione di medici e infermieri. Ed esattamente un anno dopo, il Mas-Cth ha iniziato la sua attività.

Il quadro è quello di un paese con oltre sei milioni di persone che necessitano di assistenza alimentare, più della metà della popolazione secondo le stime dell’Onu.

PIÙ DI 363MILA BAMBINI sono affetti da malnutrizione acuta, tra questi 71mila lottano contro forme di malnutrizione grave. Secondo il Cluster Nutrizione per la Somalia, se non verranno forniti aiuti con urgenza i numeri potrebbero quasi triplicare: in 944mila rischiano di entrare nel tunnel della malnutrizione nell’arco di quest’anno, inclusi 185mila bambini che avranno bisogno di sostegno urgente salvavita, secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.

PIÙ DI 50MILA BAMBINI, secondo l’Onu, rischiano di perdere la vita. E la risposta della comunità internazionale alla minaccia della carestia in Somalia, ripercorre i gravi errori dell’ultima crisi risalente al 2011, che uccise 250mila persone.

L’Unicef, con il supporto dell’European Civil protection and Humanitarian aid Operation (Echo), ha istituito centri di nutrizione nei campi rifugiati somali, che finora hanno permesso un tasso di recupero del 92,4% per i 42.526 bambini gravemente malnutriti in tutta la Somalia. Il programma ha mostrato grandi progressi a partire dal 2013, fornendo assistenza a migliaia di bambini malnutriti e donne in gravidanza o in allattamento.

AD AGGRAVARE IL QUADRO è il gran numero di rifugiati che sta rientrando forzatamente nel paese: 57.329 somali sono tornati a casa dal dicembre 2014, quando l’Unhcr ha iniziato a sostenere il rientro dei rifugiati somali dal Kenya (di cui 17.359 solo nel 2017).

E per la fine dell’anno è previsto il rientro di oltre 79mila rifugiati: prese d’assalto la zona di Baidoa, a nordovest di Mogadiscio, e la zona di Kismayu, a sudovest della capitale.

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L’ospedale Mas-Cth. Foto: Federica Iezzi

MA MOLTI RIFUGIATI continuano a ritrovarsi senza un riparo e versano in condizioni igieniche gravi, diretta conseguenza della promiscuità nei campi profughi non ufficiali, nati nelle periferie delle città. La qualità dell’acqua provoca la rapida diffusione di diarrea e malaria.

Non ci sono latrine, le pratiche non igieniche espongono le comunità al rischio di gravi epidemie. Si contano ad oggi oltre 8.400 casi di diarrea acuta e colera. Più di 200 i decessi.

A pieno regime il Mas-Cth, nei suoi 13mila m2, garantisce assistenza sanitaria a tutta la popolazione pediatrica, fino a 14 anni. E ad oggi sono 50mila i bimbi visitati nell’arco dei passati cinque anni. Ogni giorno i piccoli pazienti accolti al Mas-Cth sono tra i 50 e 70.

OTTO CAMERE DI DEGENZA pediatrica e neonatologica per un totale di 36 posti letto, due camere di isolamento dedicate a bambini portatori di malattie infettive contagiose, ambulatori medici e di piccola chirurgia, farmacia, laboratorio analisi, centro malnutrizione e padiglione chirurgico, disegnano il corpo dell’ospedale.

Lo staff sanitario locale è costituito da cinque medici, 15 infermieri, due tecnici di laboratorio, due farmacisti, un nutrizionista, un health promoter e, come supporto, da personale per le pulizie, cuochi, addetti alla lavanderia, autisti, guardie, logisti, tecnici.

Negli anni passati personale internazionale ha accompagnato il team locale con attività di insegnamento e training specialistico. E attualmente specialisti internazionali coadiuvano l’attività del centro mediante missioni umanitarie.

QUALI SONO I PROGRAMMI futuri dell’ospedale? Lo abbiamo chiesto alla dottoressa Khadra Ibrahim, direttore generale: «La gestione amministrativo-finanziaria è attualmente sotto la completa responsabilità del governo del Somaliland. I piani legati alla sostenibilità sono dunque stati ereditati dallo stesso governo. I prossimi passi da affrontare sono l’ottimizzazione dei trattamenti per la malnutrizione, già in esecuzione in un’ala dell’ospedale, la specializzazione delle cure nella già presente terapia intensiva neonatale e l’ampliamento del dipartimento chirurgico, già operativo».

Abbiamo anche chiesto alla dottoressa Ibrahim se il Mas-Cth ha inciso nelle politiche sanitarie del Somaliland. «È l’unico ospedale pediatrico del Somaliland. È diventato, relativamente in poco tempo, un punto di riferimento per l’intera popolazione pediatrica somala. La programmazione di periodi di tirocini formativi per il personale sanitario e l’attenta gestione mirata alle cure dei più piccoli, hanno reso l’ospedale meritevole di guadagnare gli standard qualitativi occidentali».

INTELLIGENTE MODELLO di cooperazione internazionale, entrato imponentemente nell’assetto sanitario del paese, il Mas-Cth, incidendo sulle politiche sanitarie del Somaliland, riveste oggi l’importante compito di punto di riferimento per l’intera popolazione pediatrica.

L’opera, finanziata dall’associazione torinese Soomaaliya, grazie ad un contributo del Ministero degli Affari Esteri, dalla Fondazione La Stampa ‘Specchio dei tempi’, da contributi della Marco Berry Onlus e della Mediafriends Onlus, rimane il più grande progetto sanitario realizzato dalla guerra civile nel 1991.