«Io direi di fare un altro ciak di questa scena ma non perché è venuta male, semplicemente per avere un’ altra possibilità, una scelta diversa ma tu sei andata bene, te lo chiedo per uno scrupolo». Così Lello Arena, compagno di lavoro nella Smorfia e al cinema, ricorda la sensibilità, la dolcezza, quel sottile incartarsi in monologhi carichi di pause di Massimo Troisi, nel suo debutto alla regia, nel 1981 con Ricomincio da tre, film record per incassi (restò al cinema Gioiello di Roma per oltre 700 giorni di seguito), acclamato dal pubblico e dalla critica (vincitrice di due David di Donatello, quattro nastri d’argento e due Grolle d’oro), ampiamente programmato da tv pubbliche e commerciali. Però nella grande sala buia, con la fruizione sociale, col grande schermo, con la colonna sonora avvolgente è un’altra cosa ed infatti la versione restaurata dal Centro Sperimentale di Cinematografia di Ricomincio da tre («un film rimasto nel cuore di tutti perché andava controcorrente ed era fatto con talento e poesia») torna nelle sale cinematografiche per due giorni, il 23 e il 24 novembre, distribuito da Microcinema.

 

 

Le coppie di giovani genitori di oggi forse non conoscono il dilemma della scelta del nome del bambino in arrivo tra Massimiliano e Ugo, una serie di battute diventata patrimonio di tante famiglie meridionali e non («Massimiliano viene scostumato, proprio ‘ o nomme è scostumato. Perché Massimiliano, ‘stu guaglione sta vicino ‘a mamma, se move pe ghi a qualche parte? A mamma primma ca’o chiamma ‘Maaa-sssi-mii-liaaa-noo”, o guaglione chissà addo’ sta. Non ubbidisce perché è troppo lungo. Invece Ugo, chillo comme sta vicino ‘a mamma e se sta pe’ movere ‘Ugo!’’O guaglione nun ave nemmeno ‘o tiempo e fa’ nu passo”) ma possono apprezzare la comicità gentile e appassionata di un ragazzo napoletano (all’epoca Troisi aveva 27 anni) che non era emigrante e sentiva sulla pelle le istanze di cambiamento della società italiana che avevano portato alla legge sul divorzio, a quella sull’aborto, alla nascita del referendum e a una nuova consapevolezza femminile (la sceneggiatura del film è stata scritta con Anna Pavignano).

 

 

 

 

Tutta la storia del film – oscillante tra i palazzi puntellati della Napoli terremotata degli anni ’80 e la Firenze dove tutto può accadere – ha una delicata magìa,frutto dell’estro geniale di Massimo e delle scelte controcorrente rispetto agli stereotipi partenopei. «Aveva grande cura per i dettagli- ricorda Arena nell’incontro coi giornalisti – tutte le scene erano scritte prima e riviste, non c’era improvvisazione ma solo la sua grande passione, la voglia di fare bene il suo lavoro. C’era tanta vivacità sul set e Massimo ogni sera si portava il girato a casa da riguardarsi. E la settimana prima dell’uscita del film – fu presentato a Messina- siamo andati al magazzino delle pizze con la taglierina perché Massimo voleva togliere delle scene che non lo convincevano dalla versione finale».

 

 

Una comicità dolce, ricca di silenzi e di una caotica gestualità (perfettamente rappresentata nei tanti battibecchi tra i personaggi di Gaetano e Raffaele, Massimo Troisi e Lello Arena, con espressioni passate nel linguaggio quotidiano d’allora, ‘O miracolo grande e ‘o miracolo, Mi faccio liggiero liggiero, Chell ch’è stato è stato…basta ricomincio da tre) venata dalla malinconia dello spirito napoletano. «L’unica vera discussione che ho avuto con lui è stata per la prima versione della sceneggiatura – ricorda Fulvio Lucisano, produttore del film con Mauro Berardi – che comprendeva dei dialoghi che ritenevo fossero difficili da capire da Roma in su. Troisi ha trovato una soluzione perfetta: ripetere le battute. In questo modo, se non le capivi la prima volta, le capivi la seconda, come nella famosa scena con il vaso».

 

 

Ricomincio da tre segnò inoltre l’inizio della collaborazione tra Massimo Troisi e Pino Daniele, che scrisse le musiche del film, ancora oggi smaglianti e piacevolissime. «Inizialmente io ero andato a incontrare Edoardo Bennato, un idolo della nuova Napoli – racconta ancora Arena – ma la cosa non andò avanti invece il caso volle che ci incontrassimo con Pino in pizzeria, a Torino, dopo la registrazione di una puntata di No Stop, il programma televisivo che ci lanciò. Nacque una simpatia e una sintonia assoluta tra i due tanto che poi finiranno pure per scrivere delle canzoni assieme (per il film Pensavo fosse amore invece era un calesse)».