Il racconto Una giraffa sul lungotevere (Elliot, pp. 115, euro 13,50) che dà il titolo a questa raccolta postuma di testi tratti da diversi lavori di Riccardo Reim è l’unico in cui ci sia protagonista una donna o meglio, appunto, una giraffa. Si tratta di una scelta interessante: mette fuori strada. Lo fa perché gli altri brani che vi troviamo raccontano di omosessualità maschile e lo fa perché tale scelta ha influenzato la copertina: la troviamo di un azzurro tenue e rilassante, con un arcobaleno che la attraversa, nella cui curva sta sospesa la statuetta di una giraffa multicolor.
Quest’opera dedicata al lavoro di Riccardo Reim, però, non ha niente di rilassante. L’impossibilità di ingurgitare il testo con una certa leggerezza è un’esperienza di lettura piuttosto rara. Se ne diventa consapevoli quando la materia narrata è talmente forte che si ha bisogno di chiudere il libro e prendere fiato, per poi riaprirlo perché il desiderio di continuare a leggere è più potente del dolore o dello sgomento, dell’orrore anche.

Succede, per esempio, nel brano tratto da La manutenzione della carne, a cura di Antonio Veneziani, pubblicato nel 2006 da Coniglio Editore. Il testo scritto da Reim si intitola «Strana testimonianza» sul caso Ermanno L., raccolta circa quarant’anni dopo. È una confessione immaginata che appare alle prime innocente, relativa al fatto di cronaca nera che coinvolse il dodicenne toscano Ermanno Lavorini. In un crescendo drammatico perfettamente costruito, la voce narrante – del testimone – ci fa inoltrare in un mistero che non può essere svelato, compreso, perché prevede la capacità di accettare che molti altri ragazzini come Ermanno, magari di estrazione sociale più povera, siano stati uccisi. E non per motivi politici, ma per la rabbia, la vendetta di uomini che di fronte alla spocchia o all’impertinenza di questi giovanissimi ha reagito sopprimendo. Succede anche nel brano tratto da «I mignotti», lo spettacolo teatrale ispirato all’omonimo libro inchiesta a quattro mani con Antonio Veneziani, edito da Castelvecchi nel 1997.

La lettura di questi brevi autoritratti in versi sciolti di ragazzi più o meno giovani che raccontano il loro modo di essere in strada, nei bagni pubblici, nelle auto dei clienti spinge a una riflessione urgente di questi tempi: che cosa ci scandalizza? O meglio dove è stato nascosto lo spazio per lo scandalo in una società in cui tutto sembra dover accedere alla superficie dell’esposizione, del detto, del comunicato? Come ci si può interrogare sui margini e sulle storture proprie e altrui se in questa ansia di mostrarsi, la vera diversità è stata allontanata così tanto, troppo?
In fondo al libro, sono tante le testimonianze di persone – che lavorano nell’editoria o nell’arte come scrittrici, uffici stampa, attrici – riguardo le abilità di Riccardo Reim come autore, traduttore, ma anche come uomo dalla conversazione colta, sempre interessante. Forse La giraffa sul lungotevere, immagine tra il meraviglioso e l’anomalo, è il titolo perfetto: ne descrive la rarità, delle sue parole e probabilmente anche del loro autore.