Riccardo Realfonzo, docente di economia politica all’università del Sannio e coordinatore della consulta economica della Fiom Cgil, nel 2019 ci sarà la «ripresa incredibile» annunciata dal premier Conte?

Mi sembra difficile, tutto va in direzione diversa. Ancora una volta l’Italia reagisce alle tensioni internazionali in maniera più grave di quanto accaduto nel resto d’Europa. Francia e Germania hanno subìto un rallentamento, noi stiamo cadendo in recessione. E la manovra del governo ha solo un timido impatto espansivo, molto limitato.

Però il governo sostiene che nel secondo semestre ci sarà una crescita…
Il «reddito di cittadinanza» e la «quota 100», le misure simbolo della manovra, possono dare un po’ di respiro ai consumi. Raccolgono alcune istanze provenienti dai ceti meno abbienti e dai lavoratori prossimi alla pensione, ma non sono utili ad allargare la base occupazionale. La manovra non affronta il problema drammatico di competitività dovuto al cronico sotto-finanziamento degli investimenti pubblici e privati; alle inadeguatezze dell’apparato produttivo caratterizzato da imprese troppo piccole che usano frequentemente tecnologie tradizionali; all’assenza di un programma di politiche industriali. Avrebbe dovuto prevedere un piano straordinario di lotta all’evasione fiscale che resta una delle vergogne di questo paese, per la sua dimensione del tutto sconosciuta negli altri paesi dell’occidente. Da qui sarebbero potute arrivare consistenti risorse per la crescita.

Il «decreto dignità» servirà a migliorare la situazione dei lavoratori a termine?
Con quel provvedimento c’è stato un primo, ma insufficiente segnale. La manovra non ha però fatto alcun passo per aggredire il problema della precarietà. In Italia l’unica politica industriale è stata la deflazione salariale, la continua deregolamentazione del mercato del lavoro al fine di contenere i salari e i costi di produzione. Oggi abbiamo una qualità dell’occupazione drammaticamente peggiorata con meno contratti di lavoro a tempo indeterminato e il dilagare del lavoro a termine. Ciò ha ricadute molto negative sulla produttività del lavoro e sui consumi.

In uno studio sugli effetti della manovra, pubblicato su economiaepolitica.it con Angelantonio Viscione, ipotizzate una diversa distribuzione delle risorse tra investimenti, reddito e quota 100. Di cosa si tratta?
Dalle stime che abbiamo fatto emerge che la proposta iniziale del deficit al 2,4% poteva essere sostenuta efficacemente se le risorse fossero state concentrate di più sugli investimenti e sulle politiche industriali. Avrebbe avuto un impatto espansivo pari al triplo della manovra attuale, avrebbe riscosso consensi in Europa, messo in difficoltà la Commissione. Com’è noto il governo ha dovuto ridurre il deficit allo 2,04% in uno scontro con la Commissione che ne ha rivelato un deficit di capacità politica. Ma anche in questo caso, se avessero dimezzato le risorse delle misure simbolo, concentrando quelle liberate sugli investimenti, la spinta espansiva sul Pil sarebbe doppia. Invece hanno fatto una manovra centrata sulla spesa corrente e i trasferimenti.

Il ministro dell’economia Tria e il premier Conte puntano sulla riapertura a breve dei cantieri. Basterà?
Non credo. Il governo si è mosso molto tardi. Dopo l’insediamento occorreva costruire un disegno di politica industriale, fare un crono-programma di investimenti in infrastrutture e puntare le risorse in questa direzione. Ora la partita del 2019 non può essere rimessa in piedi senza ridefinire il profilo della manovra.

Si prepara una manovra bis?
Se fosse fatta per reperire nuove risorse per investimenti pubblici, potrebbe essere un’importante notizia. Se invece, a fine anno, ci fosse una manovra dettata dalla Commissione Ue, all’insegna di nuovi tagli e tasse, l’economia si avviterebbe verso la recessione.

Potrebbe accadere?
Sarebbe drammatico. Anziché incamminarsi sulla strada tanto sbandierata della lotta contro l’austerità si ricadrebbe nel circolo dei tagli all’intervento pubblico e delle privatizzazioni. A quel punto rischierebbero davvero di portare avanti una politica di destra liberista.

Le privatizzazioni sono state annunciate, si vuole partire subito con un miliardo…
Mi sembra una brutta favola. Di privatizzazioni selvagge ne abbiamo già viste. E non vedo proprio i presupposti tecnici per farle.

Come giudica la manifestazione di Cgil, Cisl e Uil oggi a Roma?
Ci sarò anch’io. Saluto con soddisfazione il ritorno a una grande mobilitazione dei lavoratori. Mi auguro, con Landini segretario della Cgil, di assistere a un nuovo protagonismo del sindacato. Spero che le pressioni del mondo del lavoro servano a spostare l’agenda della politica economica in questo paese verso le necessità dell’apparato produttivo e i diritti dei lavoratori.