La riapertura in presenza avverrà domani per le scuole dell’ infanzia, elementari e medie. Per le superiori lunedì 11 ma al 50%. Fino al 9 gennaio le lezioni si svolgeranno, in questo caso, a distanza. Questo rompicapo è accompagnato da un triplice conflitto: politico in un governo in crisi; istituzionale tra governo e le regioni che riapriranno, a metà, le superiori anche il 1 febbraio; e infine tra i docenti, i prefetti e gli uffici regionali sugli orari dei trasporti e il loro impatto sulla didattica e la sicurezza. Accade a Roma dove è in corso la protesta di molti licei (si vedano le mozioni sul sito de Il Manifesto).

IL CONFLITTO politico si è di nuovo scatenato nel consiglio dei ministri convocato per tre ore in notturna l’altra notte. In quella sede è stato deciso lo slittamento della riapertura al 50% delle superiori dal 7 gennaio previsto dal Dpcm del 23 dicembre a lunedì 11. Ieri è diventato un’altra occasione per i renziani di Italia Viva di mollare ceffoni a Conte, al Pd e ai Cinque Stelle. «Siamo sempre rappresentati come il partito che crea problemi al governo – ha detto la ministra dell’agricoltura Bellanova – L’altro ieri sera è andato in onda un teatrino imbarazzante non con Iv ma tra il Pd e il M5S. Una discussione infinita e un consiglio dei ministri iniziato alle 21 e finito quasi all’una di notte per discutere se aprire le scuole il 7 o l’11 gennaio. Il problema però è molto più serio: in questi mesi si è lavorato per permettere alla scuola di aprire in sicurezza?».

I CINQUE STELLE, e la ministra dell’Istruzione Azzolina e quello alla giustizia Bonafede, favorevoli alla riapertura come i renziani, hanno minimizzato lo scontro: «è normale – ha detto Bonafede – che ci siano diverse opinioni su cui bisogna trovare una sintesi. Invece nel pastone quotidiano dei temi utilizzati per alimentare la polemica interna alla maggioranza, viene tirata in ballo proprio la riapertura delle scuole». «La scuola resti fuori dalle polemiche politiche» ha aggiunto Azzolina. Ma le polemiche diventano politiche perché, dentro la maggioranza e non solo tra i renziani, sono in diversi a dubitare che la riapertura stia avvenendo in maniera tale da evitare un’altra chiusura tra un mese per Covid.

QUESTA IMPRESSIONE è evidente dal conflitto istituzionale le regioni, certamente non nuovo nella pandemia. Diversamente da quanto annunciato nelle ultime settimane, il governo non è riuscito a trovare un raccordo istituzionale nella gestione del rientro a scuola. I Cinque Stelle hanno polemizzato contro le regioni leghiste come il Veneto dove il presidente Zaia ha deciso di rinviare il ritorno delle superiori al 31 gennaio. «Zaia fa bene, se non ha garanzie sulla salute per gli studenti e gli insegnanti» ha detto Matteo Salvini. Questo non è solo uno scontro tra maggioranza e opposizione. Riguarda le regioni del sud governate dal Pd, De Luca in Campania e Emiliano in Puglia. La Campania aprirà gradualmente dall’11, le superiori al 50% dal 25. In Puglia ci sarà la didattica digitale integrata fino al 15. Dopo la pubblicazione dei nuovi dati sui contagi si deciderà cosa fare. Solo Lazio, Abruzzo, Umbria, Toscana, Emilia Romagna e Sicilia garantiranno una didattica dimezzata alle superiori dall’11.

«DA LUNEDÌ prossimo le regioni valuteranno legittimamente se assumersi la responsabilità di decidere in maniera diversa» ha commentato Bonafede. Le regioni lo faranno perché esercitano la facoltà di emanare ordinanze più restrittive conferita dal governo. Quest’ultimo non è riuscito ad avere una visione d’insieme tale da affrontare un problema di non facile soluzione. I sindaci sono stritolati. «Rispetto il governo – ha detto quello di Firenze Nardella – ma siamo all’improvvisazione». «C’è troppa confusione – ha detto quello di Reggio Calabria Falcomatà – Il governo chiarisca».

IL RISULTATO è che, dopo 10 mesi di pandemia, il sistema pubblico dell’istruzione è a pezzi. «Lo slittamento di quattro giorni dal 7 all’11 non risponde a valutazioni sanitarie né didattiche, non si prospetta l’adozione di adeguate soluzioni sui trasporti e gli altri servizi – osserva Flc Cgil – Le decisioni assunte in seno al Consiglio dei Ministri, così come nelle prefetture di tutto il paese, sono state prese senza tener conto delle esigenze specifiche». Il movimento dei genitori, docenti e studenti Priorità alla scuola ricomincerà la protesta domani davanti agli istituti di tutta Italia.