Un lungo tira e molla con il governo in cui alla fine hanno avuto nettamente la meglio le Regioni. Che da lunedì sulle riaperture faranno un po’ come vogliono. Al termine di una giornata frenetica di incontri è arrivata la fumata bianca. Il governo vara un decreto legge di soli tre articoli in cui fissa semplicemente date e paletti: da lunedì le riaperture delle attività commerciali, dal 3 giugno gli spostamenti liberi fra regioni e anche le frontiere con i paesi Ue per favorire il turismo; aggiornamento giornaliero dei dati epidemiologici che potranno permettere al ministero della salute di imporre interventi territoriali in caso di aumento dei contagi; sanzioni minime per i commercianti che non rispettano i protocolli fissati dall’Inail che diventano però meri «principi chiave» a cui le Regioni possono derogare senza problemi di sorta.

LA SVOLTA NEL BRACCIO DI FERRO si è consumata nel fronte comune trasversale dei presidenti di Regione che hanno messo da parte le divergenze politiche in ragione del comune obiettivo di «riaprire al più presto». E così a sera il coro di soddisfazione andava dal presidente lombardo Attilio Fontana che invece ci preoccuparsi dell’aumento di contagi e morti nella sua regione si faceva bello del «veder accolto il frutto della proposta che avevo lanciato a tutti i governatori» assieme a molti presidenti di centrosinistra – come il presidente della Conferenza Bonaccini – che avevano già minacciato di «far aprire i ristoranti con distanziamento di un metro tra i tavoli».

Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e i ministri per gli Affari regionali e per la Salute, Francesco Boccia e Roberto Speranza a quel punto hanno dovuto cedere su gran parte della linea.

Da subito, però, si è rivelato impossibile approvare il decreto. Per questo il Consiglio dei ministri, dopo una prima sospensione di un’ora per la firma dei protocolli con le confessioni religiose, è stato riaperto e subito nuovamente aggiornato, questa volta alle 21.

IL DOCUMENTO DELLE REGIONI prevede di far indossare le mascherine ai clienti dei ristoranti ogni volta che non si è seduti al tavolo. E poi, igienizzanti per la mani e mascherine ai camerieri, consumazioni al banco solo se è possibile la distanza di un metro. Non saranno consentiti buffet.

Se l’Inail prevedeva almeno due metri di distanza tra i tavoli e quattro metri quadri a cliente, le Regioni hanno cambiato di molto le cose, consentendo ai gestori poche modifiche alle distanze attuali: «I tavoli – si legge nel documento – devono essere disposti in modo che le sedute garantiscano il distanziamento interpersonale di almeno 1 metro di separazione tra i clienti, ad eccezione delle persone che in base alle disposizioni vigenti non siano soggette al distanziamento interpersonale; detto ultimo aspetto afferisce alla responsabilità individuale. Tale distanza può essere ridotta solo ricorrendo a barriere fisiche tra i diversi tavoli adeguate a prevenire il contagio tramite droplet».

Per quanto riguarda le spiagge, anche quelle libere, si prevede un metro la distanza tra le persone. Saranno vietati i giochi e gli sport di gruppo.

Nel documento proposto dalle Regione si chiede che sia controllata la temperatura ai clienti di supermercati e negozi (sopra ai 37,5 gradi non si potrà entrare) e che negli esercizi commerciali i clienti indossino sempre la mascherina e in quelli del settore dell’abbigliamento dovranno avere anche i guanti.

Per quanto riguarda i centri estetici, gli operatori dovranno indossare la mascherina e, chiedono i governatori, bagno turco e sauna dovranno restare chiusi. Distanza obbligatoria tra i clienti di un metro, come per i saloni dei parrucchieri, dove non potranno più esserci riviste da sfogliare.

Per le spiagge vengono cancellati i 5 metri di distanza fra ombrelloni: «assicurare un distanziamento tra gli ombrelloni (o altri sistemi di ombreggio) in modo da garantire una superficie di almeno 10 metri quadri per ogni ombrellone, indipendentemente dalla modalità di allestimento (per file orizzontali o a rombo)»; «tra le attrezzature di spiaggia (lettini, sedie a sdraio) deve essere garantita una distanza di almeno 1,5 metri».

CHI NON RISPETTA LE REGOLE – ma non si capisce chi controllerà – rischia solamente una multa o di rimanere chiuso 5 giorni.