Il gip del Tribunale di Varese Giuseppe Battarino, dopo una camera di consiglio durata quasi cinque ore, ha riaperto il caso di Giuseppe Uva, morto dopo l’arresto a Varese nella notte del 14 giugno del 2008. Il giudice ha respinto la richiesta di archiviazione per i due carabinieri e sei poliziotti coinvolti avanzata dalla procura e ha stabilito l’imputazione coatta per omicidio preterintenzionale, arresto illegale e altri reati minori.

 

La vicenda processuale arriva così a una svolta importantissima e, in un certo senso, inattesa: sin dall’inizio delle indagini, infatti, il pm Agostino Abate ha sempre scartato ogni ipotesi che coinvolgesse gli uomini in divisa nella morte di Uva, arrivando addirittura a processo per il medico dell’ospedale lombardo che vide morire davanti a sé il 42enne. La pista della malasanità, però, venne spazzata via da una sentenza che assolse il dottore con formula piena. Le indagini ripartirono, ma, la scorsa primavera, ancora Abate arrivò a chiedere l’archiviazione per gli agenti coinvolti. Richiesta respinta dal gip e altro supplemento di indagini, chiuse ufficialmente il 31 dicembre scorso. Il parere dell’investigatore, però, non era cambiato: altra richiesta di archiviazione per tutti gli indagati. Ieri sera il giudice ha però demolito anche questa tesi, ordinando l’imputazione coatta.

 

Un successo per i familiari di Uva, che con i loro avvocati Fabio Anselmo e Alessandra Piva chiedono da anni di far luce sulle ore che Giuseppe ha passato nella caserma dei carabinieri di via Saffi.