Un paio di settimane fa Mimmo Lucano è tornato a casa, nella Riace che l’ha visto sindaco per tre mandati e poi vittima del divieto di dimora che l’ha tenuto lontano dalla cittadina calabra e dai migranti che la abitavano, durante 11 mesi. Marco Rizzo e Lelio Bonaccorso, famosi per i loro lavori di giornalismo a fumetti, già insieme per Feltrinelli Comics con Salvezza, il reportage dalla nave Aquarius realizzato nell’estate del 2017, sono di nuovo in libreria con un libro dedicato a questa vicenda, A casa nostra-cronache da Riace. Li abbiamo raggiunti durante il tour di lancio per parlare del loro nuovo lavoro.

Marco, Lelio, ogni volta che si apre un vostro libro ci si sorprende per la quantità di notizie fornite al lettore, informazioni spesso tralasciate o non trattate a dovere nei servizi giornalistici: qui date spiegazioni dettagliate sul passaggio dagli Sprar (Sistemi di protezione richiedenti asilo e rifugiati) ai così detti Siproimi (Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati), sulle differenze tra permesso nazionale a internazionale, e via dicendo. Posto che fare graphic journalism è anche questo, come ci si sente a offrire un servizio pubblico con i fumetti?

L’approccio giornalistico sta alla base del nostro lavoro, ci muove la volontà di fare informazione più che «narrazione», un concetto decisamente abusato di questi tempi. Ci piace offrire informazioni utili, che servano a creare opinioni documentate sui fatti; come non ci si stupisce se lo fa un giornalista su un mezzo di stampa, non ci si deve stupire se il giornalismo si fa con i fumetti.

Oltre a offrire informazione, queste esperienze sul campo sono di grande aiuto per noi stessi: di certe cose si parla poco e spesso male, in dinamiche divisive più che riflessive, e molto raramente si fa invitando i protagonisti delle storie ad esprimersi, creando quasi sempre più confusione. Il fumetto inoltre garantisce il tempo per la riflessione, e la forza delle immagini è esplicativa, spesso semplifica i messaggi.

Quali sono i vantaggi narrativi di presentare tante piccole storie?

La struttura del libro è uno specchio di quello che abbiamo visto in 10 giorni di viaggio. Se ci pensi l’esperienza di Buba è distante da quella dell’amico Sherif. Dal punto di vista tecnico, diverse vicende alleggeriscono il ritmo attraverso capitoli flash che mostrano vari punti di vista sull’accoglienza. In Calabria ci sono esperienze molto diverse, da Riace, un modello esemplare appositamente distrutto, allo Sprar di Gioiosa Ionica, altrettanto virtuoso ma meno noto, alla realtà cruda della baraccopoli di San Ferdinando.

Lelio, l’intervista a Mimmo è montata su una griglia ripetitiva, composta da vignette uguali e con la stessa inquadratura. È una scelta estetica che riflette la sua condizione in quel momento?

Abbiamo trovato Mimmo piuttosto triste, chiuso in una casa spoglia…era gennaio, nel bel mezzo del suo periodo di confino. Abbiamo scelto una scansione da documentario, come una telecamera fissa sull’intervistato, che non aggiungesse nient’altro all’espressività del volto e dei gesti di Mimmo.

Ha usato una tecnica nuova nell’introduzione del libro…

La voglia di sperimentare un altro linguaggio grafico si è sposata all’esigenza narrativa di raccontare una terra bellissima, massacrata dall’abusivismo edilizio. Dopo le prime 6 pagine il colore, un po’ graffiato, lasciano spazio a un grigiore diffuso. Una sensazione di distruzione di bellezza appositamente perpetrata, quasi una metafora della storia di Riace.

Mimmo Lucano vi ha parlato di utopia-più che di «modello Riace» – e a un certo punto della sua storia, verso la fine del suo terzo mandato, si delinea il contrasto tra utopia dell’inclusione e business dell’accoglienza. Che idea vi siete fatti?

Che Riace sia stata un’utopia, ma della normalità: si è fatto e si fa, l’inclusione non va vista come un’emergenza, ma come una realtà. Serve un’accoglienza diffusa su territori spopolati; prendiamo l’esempio della riapertura degli asili a Riace, un segnale di una visione su lungo termine. Purtroppo spesso per mantenere il consenso si crea un perenne stato d’allarme. Anche con le sole parole: esistono i Cas, i Centri d’Accoglienza Straordinari: si parla di situazione straordinaria, emergenza, di invasione, di problema. sono tutti approcci di chi non ha interesse a dare soluzioni, ma piuttosto a tappare buchi.

Per quanto riguarda il «businness dell’accoglienza» bisogna stare attenti a cosa s’intende: non c’è niente di male se psicologi e medici lavorano per i migranti…il business malato, quello criminale intorno all’accoglienza, ha per prime vittime i migranti e i rifugiati e va punito, senza intaccare il sistema di accoglienza.

I giornalisti si scontrano spesso con il racconto della violenza. Voi avete in effetti mostrato qualcosa del passaggio in Libia dei vostri protagonisti; qual è la vostra posizione al rispetto?

Anche sull’Aquarius c’erano scene toccanti e lì non facevamo niente, smettevamo di girare e fotografare, ma è vero che il fumetto permette di mediare, funge da filtro. Qui ci sono scene crude, ma è nostro compito dare voce ai migranti e abbiamo bisogno di farci raccontare cosa accade davvero. Graficamente si traspone, nel rispetto del dolore dei protagonisti. Un paio di settimane fa Mimmo Lucano è tornato a casa, nella Riace che l’ha visto sindaco per 3 mandati e poi vittima del divieto di dimora che l’ha tenuto lontano dalla cittadina calabra e dai migranti che la abitavano, durante 11 mesi.