La vittoria moderata alle parlamentari in Iran ha aperto una nuova stagione politica che mette ultra-conservatori, pasdaran e uomini della cerchia intorno all’ex presidente Ahmadinejad in un angolo. A spingersi oltre lo steccato dei conservatori vicini alla guida suprema Ali Khamenei è stato ieri il capolista riformista ed ex candidato alle presidenziali del 2013, Mohammed Reza Aref. «Il nostro compito è fare pressioni per il rilascio dei prigionieri politici» in carcere dopo le manifestazioni del 2009 e del 2011.

Il riferimento è ai due leader Mir Hossein Mousavi e Mehdi Karroubi agli arresti domiciliari dopo le contestazioni di piazza Azadi del 2011. Il presidente Hassan Rohani aveva provato, subito dopo il suo insediamento nel giugno 2013, a spingere affinché i leader riformisti venissero liberati.

In verità entrambi godono di un regime di detenzione molto meno restrittivo rispetto agli anni precedenti. Tuttavia, le pressioni esercitate sui magistrati non hanno portato al completo regime di libertà dei due politici e ideologi riformisti. Subito dopo l’annuncio della vittoria dei moderati nel Majlis che entrerà in funzione il prossimo 28 maggio, l’ex presidente Khatami e l’attuale leader tecnocrate Rohani avrebbero visitato la guida suprema Khamenei proprio per chiedere l’immediato rilascio dei due politici, come primo atto del nuovo corso in politica interna.

Questa possibilità ha subito messo in allerta i politici ultra-conservatori e i pasdaran. Addirittura, l’ex guida dei pasdaran, il generale Mohser Rezai è arrivato ad accusare un «alto dirigente della Cia» di essersi infiltrato a Tehran lo scorso giugno e di aver così organizzato un vero e proprio golpe che ha portato alla vittoria elettorale dei moderati.

Le accuse di infiltrazioni dei Servizi Usa in Iran non sono nuove e rimandano agli attacchi terroristici che hanno colpito il Majlis nel 1986, quando i principali leader della prima generazione di rivoluzionari vennero uccisi nell’attentato ad eccezione di Khamenei e Rafsanjani: due dei protagonisti dell’attuale scena politica iraniana.

Durante la campagna elettorale, non sono mancati gli attacchi retorici contro le cospirazioni dell’Occidente e i richiami a uno dei più noti slogan rivoluzionari «Morte all’America». Inoltre, il generale Mohamed Ali Javari, in visita ad una raffineria di petrolio di proprietà dei pasdaran, ha difeso «l’economia di resistenza» degli anni dell’isolamento e dell’embargo e i «valori della difesa» contro l’Occidente.

In verità con il consolidamento del potere dei tecnocrati si apre una fase di ampie liberalizzazioni in politica economica. La reazione del presidente Rohani all’annuncio dei risultati, in un discorso alla Terza Fiera Internazionale di Tehran, è stato un richiamo a «stabilità, pace e interazione con il mondo»: i tre pilastri della sua politica interna ed estera. «Gli elettori hanno manifestato chiaramente quale corrente politica non vogliono», ha chiosato Rohani.

I moderati hanno ottenuto 14 su 16 seggi, disponibili nella circoscrizione di Tehran, all’interno dell’Assemblea degli Esperti: istituzione che dovrà scegliere la prossima guida suprema.

L’accordo politico moderati-riformisti ha poi sbancato nelle elezioni parlamentari ottenendo a Tehran 30 seggi su 30. Il presidente Rohani ha parlato delle priorità in politica economica. «L’obiettivo prioritario nell’agenda del governo iraniano è la privatizzazione dell’industria automobilistica», ha detto. L’Iran aspira a diventare il maggiore produttore di auto della regione, in una serie di joint venture con aziende occidentali leader del settore. La stampa riformista ha salutato con titoli che non si vedevano da anni l’affermazione elettorale dei moderati. Il quotidiano Aftab ha parlato del «vento della vittoria» mentre Shargh di «successo decisivo». Etemad ha titolato ieri parlando di «scossa parlamentare». Anche la diaspora iraniana all’estero attraverso Radio Free Europe ha celebrato la vittoria moderata criticando le reazione dei politici radicali.

La vittoria moderata rafforzerà anche il ruolo di mediazione iraniana nel conflitto in Siria. Il mediatore delle Nazioni unite, Staffan De Mistura, ha confermato il «ruolo costruttivo» che Tehran sta giocando nei colloqui in corso a Monaco per favorire il mantenimento della tregua nel paese.