Salvini, sempre Salvini. fortissimamente Salvini. Abbiamo atteso i dati Agcom di settembre, dopo quelli della crisi estiva, per verificare nel racconto della politica il perpetuarsi di uno scandaloso squilibrio a favore del capo della Lega. Insieme ad altre gravi faziosità.

Sulle sette reti generaliste l’uomo del Papeete ad agosto ha realizzato un ein plein assoluto: oltre 280 minuti di parola sui telegiornali, triplicando, e anche più, le performance di tutti gli altri principali leader, premier compreso, il quale si è attestato a 128 minuti, poco prima di Zingaretti (112) e di Di Maio (92. Berlusconi, ancor più distante, ha realizzato ad agosto la maggior parte dei suoi 53 minuti sulle proprie reti (53 su 63): un’indecenza questa, nella vergogna più generale.

A settembre Conte fa un salto di visibilità: è in testa nei tempi di parola (243 minuti) nell’insieme dei telegiornali delle principali reti generaliste (Rai, Mediaset e La7), davanti ad un ridimensionato Salvini (160) che, tuttavia, continua a precedere di moltissimo gli altri politici. L’ex vicepremier Di Maio (73), che Salvini doppia, mentre parla per quasi tre volte rispetto a un Berlusconi miracolato da Mediaset (63 minuti su 67 raccolti sulle proprie reti) e alla Meloni (57), e il quadruplo di Zingaretti, segretario del secondo partito e maggiore azionista con i Cinquestelle del governo, cui i tiggì concedono la parola per 40 minuti.

In Rai, pur dopo Conte, Salvini parla il doppio o il triplo di altri leader come Di Maio o Zingaretti. Idem naturalmente, anzi peggio, nei tiggì delle reti private. Il Tg5, il leghista parla per 35 minuti, la Meloni per 20, Berlusconi per un quarto d’ora, Di Maio per 12 minuti, Zingaretti solo 6 minuti e mezzo. Più in generale Mediaset fa parlare il segretario Pd per 15 minuti, Salvini per 92!

Questi clamorosi squilibri rimangono però occultati da una ripartizione tra le forze politiche solo apparentemente più rispettosa del pluralismo. Ma, a parte che così non è nè al Tg4 né a Studio Aperto che sovra-rappresentano Forza Italia, il diavolo, come si dice, si annida nei dettagli: per la Lega la parola la prende sempre Salvini, per le altre forze politiche c’è lo spezzatino delle dichiarazioni di leader e leaderini spesso senza nessun appeal mediatico. Ad esempio nei tiggì della Rai (tempi di parola di settembre) oltre Salvini per il Carroccio non compare nessun altro tra i primi venti. Lo stesso a Mediaset, mentre solo La7 concede il microfono anche a Rinaldi e Fontana. Viceversa Forza Italia, Cinquestelle e Pd compaiono nei tg pubblici e privati con una molti esponenti: con il risultato, voluto o no, di rafforzare il soliloquio salviniano e la sua immagine.

A settembre nei telegiornali Salvini ha parlato per 160 minuti: tutti i democratici messi assieme meno di 90, Di Maio e gli altri pentastellati 142. Anche su questo l’Autorità dovrebbe intervenire. Magari per sanzionare pure le plateali faziosità di qualche testata, come Studio Aperto che riesce a realizzare il difficile record di cancellare qualsiasi esponente del Pd dai primi venti politici che più prendono la parola (solo un minuto concesso al ministro Gualtieri).

Identico discorso se si guarda ai programmi. Per Salvini, 10 ore di parlato, tallona Conte che parla solo una ventina di minuti in più: a seguire troviamo Renzi con 4 ore e 10 minuti, poi Meloni, con poco più di 3 ore, infine Di Maio con 2 ore e mezza. Il primo del Pd è Cuperlo cui La7 concede 66 minuti. E Zingaretti? Il segretario Pd parla a settembre nei programmi d’informazione in tutto 40 minuti. Poi chissà che aspetta la sinistra a dare battaglia in parlamento e nel paese su questi temi e, insieme ai Cinquestelle, magari a mettere mano alla riforma del sistema tv pubblico e privato.