Ora che è arrivato anche l’accordo politico, la rete unica – si chiamerà Fibercop – è veramente vicina, mettendo in soffitta la follia di avere due società distinte (Tim e OpenFiber) a farsi concorrenza per la banda larga.
Il vertice di maggioranza con il presidente del consiglio Giuseppe Conte con i ministri competenti (Gualtieri, Patuanelli, Pisano) più i capi delegazione Bonafede (M5s), Franceschini (Pd) e Speranza (Leu) assieme anche a Andrea Orlando (Pd) e Luigi Marattin (Iv) è stata l’occasione per l’amministratore delegato di Cassa depositi e prestiti Fabrizio Palermo per illustrare il suo piano. «Il dialogo tra Tim e Cdp è il primo passo di un percorso verso una società delle reti e delle tecnologie a governance pubblica – ha sottolineato Patuanelli al termine della riunione – . Percorso ha aggiunto – che dovrà essere monitorato dal governo per raggiungere l’obiettivo finale: colmare il gap infrastrutturale del nostro paese e garantire a cittadini e imprese l’accesso ai servizi digitali».

Cassa depositi e prestiti – a controllo statale – e Tim sono al lavoro per arrivare alla definizione di un Memorandum of Understanding che possa essere esaminato dal cda di Tim convocato dall’ad Luigi Gubitosi il 31 agosto. Nel frattempo continueranno le trattative tra Cdp (che detiene il 50% della società concorrente Open Fiber ma nel frattempo è salita al 9,89% come socia in Tim) e Tim per limare gli ultimi dettagli.

IL NODO DA SCIOGLIERE RESTA quello legato alla governance, il controllo sulla società. Sul tavolo ci sarebbe l’ingresso in FiberCop di Cdp e poi probabilmente della stessa concorrente Open Fiber. L’ipotesi è una società nella quale Tim potrebbe anche avere la maggioranza nel capitale (50,01%) ma in cui la governance sarà condivisa fra vari attori con Cdp – e quindi con lo stato – in posizione strategica. Una strada indicata dal ministro dell’Economia Roberto Gualtieri.

IL 31 AGOSTO IL CDA DI TIM dovrebbe dare il via libera a Fibercop, la società nella quale confluirà la rete secondaria del gruppo di tlc, ossia i cavi in rame o fibra che vanno dagli armadi su strada fino alle case. La nuova società sarà controllata, in un primo momento, al 58% da Tim, al 37,5% dal fondo infrastrutturale Kkr e al 4,5% da Fastweb.
Per l’accordo tra Tim e Cdp bisognerà comunque spettare i via libera delle Autorithy italiana ed europea. Anche Tiscali, la società guidata da Renato Soru, entrerà nell’azionariato di FiberCop.

«LA BATTAGLIA PER LA RETE UNICA la facevamo da soli due anni. Oggi che ci stiamo arrivando, spero non servano altri due anni per rilanciare Tim», commenta Fabrizio Solari, segretario generale della Slc Cgil. Per il sindacato solo rilanciando l’ex Telecom si possono tutelare i circa 100 mila lavoratori – 43 mila diretti e più di 50 mila negli appalti – che orbitano nell’ex monopolista delle comunicazioni in Italia.

LA GRANDE PAURA di Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom è lo «spezzatino»: la nuova società completamente slegata da Tim. Ma dal governo a questo proposito arrivano rassicurazioni. Mercoledì i sindacati hanno chiesto a Conte l’apertura di un tavolo sul tema, ma ieri hanno comunque commentato la notizia dell’accordo in modo positivo.

Il prossimo – e si spera ravvicinato – passo da compiere è una Cassa depositi e prestiti che innalzi la sua quota anche in Tim con una conseguente riduzione da parte di Bollorè, il magnate francese ad oggi primo azionista della società guidata da Gubitosi. «Il punto debole della situazione odierna – continua Solari – è proprio il fatto che nessuna delle tre grandi aziende di telecomunicazioni in Italia sono controllate da attori nostrani: WindTre è cinese, Vodafone inglese e Tim seppur in maniera meno netta è francese. Per questo chiediamo che Cdp diventi primo socio o comunque controlli tutta Tim e non solo FiberCop. Il tutto senza paura di passare per statalisti, perché in Germania e Francia lo stato controlla ancora gli ex monopolisti senza remore, mentre da noi Telecom prima della privatizzazione era la quinta azienda al mondo nel settore e ora è scivolata non so quanto in basso», conclude Solari.

Quanto al dover convincere Enel per chiudere OpenFiber, l’ad Starace al massimo potrà trattare sul prezzo: ha un’offerta dal fondo australiano Macquarie. Mentre il vero sconfitto della partita è l’ex ministro Franco Bassanini che aveva chiesto a tutti di investire in OpenFiber.