La crisi si combatte investendo sulle infrastrutture: perché portano lavoro, ma anche competitività al sistema Italia. Una rete di trasporti e logistica finalmente «europea», che includa il Mezzogiorno, questo chiedono quadri e delegati della Fit Cisl riuniti in congresso a Chia, nel cagliaritano.

Il segretario confederale Cisl, Luigi Sbarra, indica le richieste prioritarie al governo: innanzitutto realizzare i quattro grandi corridoi continentali che passano per l’Italia (Baltico-Ravenna; Madrid-Vienna, che include anche la contestata Torino-Lione; Helsinki-La Valletta; Genova-Rotterdam). E poi rafforzare, integrandolo, il sistema di porti, aeroporti, autostrade, ferrovie. Le risorse si possono trovare «scomputando dal deficit pubblico gli investimenti che aumentano il Pil e l’occupazione»: ma per poterlo fare, serve «un esecutivo che sappia farsi sentire in Europa».
Allo stesso modo, la Cisl chiede di rimettere in agenda il disegno di legge che norma il rapporto con le comunità locali: «Ci sono opere cantierabili per almeno 15 miliardi di euro, bloccate per una catena di no. Ma per decidere non si deve fare ricorso alle forze armate – spiega Sbarra, che si riferisce alle proteste No Tav o a quelle contro gli inceneritori e i rigassificatori – Basterebbe condividere il progetto con la popolazione, fin dall’inizio, attraverso la partecipazione e la consultazione pubblica».

Dal governo Letta, la Cisl si aspetta un ritorno alla programmazione statale, piani mirati per i trasporti: «Possibile – si chiede il segretario generale Fit, Giovanni Luciano – che decisioni delicate come quelle sulla Tav debbano ricadere sulle Fs e non sullo Stato, suo azionista? Si sceglie oggi, ad esempio, di escludere Calabria e Sicilia dallo sviluppo ferroviario, come se fosse un’opzione tra le tante. E perché finora non si sono realizzate sinergie tra Poste e Ferrovie? In Germania unendo Deutsche Post con Deutsche Bahn si è realizzato un colosso della logistica». A tentare di offrire una risposta a queste domande, i big del trasporto italiano (troppo recente l’insediamento del nuovo governo per avere una sua voce). Mauro Moretti, amministratore delegato del gruppo Ferrovie dello Stato, spiega che perché si possa avere una reale condivisione delle opere con le comunità locali, serve elaborare già a monte dei «piani strategici territoriali», che siano definiti almeno per macro-regioni: Devi spiegare alla popolazione che senso può avere quell’autostrada, quella ferrovia e quel porto, il tutto integrato in un unico disegno di sviluppo economico. E poi è fondamentale integrare le grandi aree urbane: oggi la competizione si gioca non tanto tra Italia, Inghilterra e Germania, ma piuttosto tra Milano, Londra e la Ruhr; sono questi grandi sistemi urbani, poi, a trainare il paese».

Provocatoriamente, il presidente dell’Anas, Pietro Ciucci, rimette in pista il Ponte di Messina, vecchio sogno berlusconiano, congelato da Prodi e successivamente anche da Monti. «Come facciamo a realizzare il corridoio Helsinki-La Valletta se escludiamo la Sicilia? La politica italiana finora ha sempre bloccato il Ponte, adducendo a pretesto il fatto che la Ue non è intenzionata a stanziare fondi: ma faccio notare che nelle nostre previsioni di bilancio non c’è mai stato un euro della Ue. E per completezza è giusto segnalare che invece il «Fehmarn belt», il ponte che unirà la Germania alla Danimarca, è stato finanziato dalla Ue per oltre il 40%». E a proposito del Ponte sullo Stretto, immediato è stato, a distanza, lo stop del leader di Sel Nichi Vendola, che ha sollecitato il premier Enrico Letta a «dire cosa ne pensa» della grande opera rilanciata dall’Anas.

Tornando all’assise cislina, piuttosto originale anche l’intervento di Luca Antonini, ordinario di Diritto costituzionale a Padova. Il professore ha innanzitutto suggerito di abbassare le imposte sul lavoro innalzando quelle sulle rendite: «a partire ad esempio dalle Autostrade, la cui rendita dovrebbe essere tassata». A suo parere poi, la riforma dell’articolo V della Costituzione, con l’introduzione della «materia concorrente» (ovvero il conflitto tra Stato ed enti locali su molte decisioni) ha introdotto un caos, un «policentrismo anarchico» che ha bloccato le opere pubbliche: «Nodi delicati come le grandi reti di trasporto dovrebbero essere sottratti alla materia concorrente, e tornare in capo a un unico soggetto, che poi si interfaccia con tutti gli altri». Infine, secondo Antonini, «non bisogna più finanziare i progetti in base alla spesa storica, spesso gonfiata immotivatamente per le vicende della politica. Piuttosto, si dovrebbero individuare dei costi standard oltre cui non è possibile andare, possibilmente iscritti nella Costituzione».