Si chiamano Retake Roma. Dopo alcuni anni di azioni «spontanee» contro il «degrado», ieri mattina hanno messo in scena quella che definiscono «il più grande retake di sempre». Per la giornata, battezzata «Wake Up Roma», organizzata assieme all’incubatore di start-up Luiss Enlabs e con la collaborazione delle aziende municipali Ama e Atac, hanno raccolto numerose sponsorizzazioni. Sul sito del gruppo romano compaiono i marchi di aziende telefoniche, operatori della grande distribuzione, gruppi editoriali aziende assicurative e brand del comparto alimentare.
Si sono incontrati a piazza Vittorio all’Esquilino, a Villa Paganini sulla Nomentana, piazza Anco Marzio ad Ostia e allo snodo monumentale di Porta Maggiore con l’obiettivo di ristabilire il «decoro». Cioè pulire le strade, cancellare le scritte sui muri, togliere adesivi e locandine «abusive» (non a caso, tra i sostenitori di Retake c’è anche Clear Channel, l’azienda che gestisce la concessione degli spazi pubblicitari). Qui, al varco delle mura aureliane, c’è la parete storicamente utilizzata come bacheca dalle varie anime dei movimenti sociali romani.

Da dove i volontari hanno cancellato anche la grande scritta «Né pubblico né privato: comune» che campeggiava fin dalle giornate degli arresti di Mafia capitale, rivendicando nuove forme di agire dal basso. Sempre in questo luogo, i volontari in pettorina e spazzoloni hanno trovato un gruppo di attivisti della Carovana delle periferie, dei movimenti di lotta per la casa e di Usb, i quali hanno contestato all’iniziativa un eccessiva indulgenza verso l’iniziativa privata: «Roma è tra le città italiane con la pressione fiscale è più alta ma i servizi non funzionano.

In questo quadro il protocollo d’intesa firmato tra Ama e Retake è da leggersi come un ulteriore passaggio verso le privatizzazioni». Ne è nato un confronto tra diverse idee dello spazio urbano.

I «retakers» sono nella gran parte dei casi giovani tra i venti e i trent’anni. I loro volantini esprimono una cultura contraddittoria. Da un lato parlano di «beni comuni», evocano i temi del civismo e rivendicano la partecipazione diretta. Dall’altro, cavalcano i temi del decoro e della lotta al degrado che costituiscono il nucleo di un pensiero all’apparenza trasversale, post-ideologico e pragmatico e che rimanda alla «tolleranza zero» del sindaco newyorchese Rudolph Giuliani: una corrente che ha fatto proseliti presso amministratori-sceriffi e destre di differenti sfumature. Ma siamo in piena campagna elettorale: i retakers raccolgono consensi trasversali. Ieri c’erano in piazza diversi esponenti del Pd. Avvistato anche il candidato della sinistra Stefano Fassina.

Dal canto loro, Bertolaso e Storace, in campo per le destre, parlano a spron battuto di «lotta al degrado».

La grillina Virginia Raggi, poi, ha scelto la scorsa settimana di cominciare la sua campagna elettorale proprio partecipando ad una giornata di «pulizia» di un parco al Tufello. Anche ieri alcuni attivisti del Movimento 5 Stelle, che in alcune occasioni ha collaborato attivamente con Retake, si sono dati appuntamento con scope e rastrelli a piazza dei Gerani, a Centocelle.

«L’unica colpa di Retake? Avere un’idea di città e perseguirla nella legalità e, udite udite, invece di aspettare l’assistenza pubblica trovarsi sponsor e mecenati» afferma il blog Romafaschifo. Il sito considerato l’organo informale dei «law and order» capitolini anche ieri non ha lesinato insulti ai movimenti per l’abitare: « Tutti lo sanno, tutti sono consci della camorra che c’è dietro queste pratiche».