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Resurrezione e morte secondo Castellucci

Resurrezione  e morte secondo CastellucciUna scena da "Resurrection"

A teatro Dopo un ventennio d’abbandono, l'artista ha simbolicamente ambientato allo stadio di Vitrolles il suo nuovo lavoro per il festival di Aix-en-Provence

Pubblicato circa 2 anni faEdizione del 16 luglio 2022
Andrea PennaAIX EN PROVENCE

La sensazione di straniamento comincia con l’arrivo a Vitrolles a una ventina di km da Aix-en-Provence. Un gigantesco parallelepipedo di cemento che conserva lo squallore del manufatto dismesso e il fascino metafisico della rovina industriale, in cui per pochi anni si sono tenuti concerti pop e eventi sportivi. Dopo un ventennio d’abbandono Romeo Castellucci ha simbolicamente ambientato allo stadio di Vitrolles il suo nuovo lavoro per il festival di Aix-en-Provence basato sulla Seconda sinfonia di Mahler, sottotitolata appunto Auferstehung, Resurrezione. La sinfonia è stata eseguita all’interno dell’edificio dal Coro e dall’Orchestre de Paris diretti da Esa-Pekka Salonen, Marianne Crebassa e Golda Schultz soliste, Marc Korovich maestro del coro. L’orchestra suonava alla base di un vasto palco-istallazione riempito di terra, due uscite in declivio sul fondo. È stata la seconda tappa di una riflessione in musica sulla morte iniziata da Castellucci e dal suo team nel 2019, con il commovente spettacolo sul Requiem di Mozart prodotto dal Festival di Aix, che ha entusiasmato il pubblico di mezza Europa.

IL SEGNO STAVOLTA è molto diverso dal vivace gioco di contrasti che animava la sequela delle estinzioni cadenzata nelle sezioni del capolavoro mozartiano. Muovendo dall’assunto che alla risurrezione precede sempre la morte Castellucci sceglie come metafora l’esumazione di decine di cadaveri da una fossa comune, l’orrore assoluto dello svilimento dell’essere umano con cui il regista sintetizza il portato tragico dell’infinito secolo breve, dalle stragi di Srebrenica ai barconi di Lampedusa, inconsapevole della nuova disturbante corrispondenza con le immagini dei massacri ucraini. Proprio perché la società contemporanea si impegna a cancellare o spettacolarizzare quelle immagini Castellucci ci forza a testimoniare all’intero processo, il lavoro ora paziente ora frenetico di scavo di soccorritori e anatomopatologi, il trauma della soccorritrice che continua a frugare nella fossa ormai vuota, la pietosa composizione e il trasporto dei resti destinati a ricevere finalmente la dignità della costatazione della causa di morte e forse la restituzione del nome.

Muovendo dall’assunto che alla risurrezione precede sempre la morte Castellucci sceglie come metafora l’esumazione di decine di cadaveri da una fossa comune

LA MECCANICA rituale dell’esumazione si sovrappone con cupa assonanza alla marcia funebre e poi con stridente contrasto ai movimenti danzanti della sinfonia, alle citazioni dei lied giocosi. La scena si svuota dopo il canto del contralto e con la luminosa trascendenza del finale un lavacro catartico di pioggia, lacrime o fenomeno naturale, inonda la piana ormai vuota. Si traccia un arco d’inesorabile coerenza, che scorre sui movimenti del maestoso affresco sonoro concepito da Mahler come viaggio dalla morte alla luce della Risurrezione. Salonen, orchestra coro e solisti sottolineano i contrasti fra i passaggi più violenti e tellurici e gli slanci di trasparente dolcezza, permettendo quasi di dimenticare l’amplificazione resa necessaria dal luogo, forse l’unica pecca dell’operazione.

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