Tocca quest’anno a Cassandra inaugurare la stagione estiva del Teatro nazionale di Napoli in una delle location più belle e struggenti che si possano immaginare, il grande spazio teatrale «assiso» nel Parco archeologico di Pompei. Grande emozione per il luogo, e curiosità per la mitologica figlia di Priamo, che oggi è divenuta appellativo sprezzante per definire chiunque predìca disagi o disgrazie in arrivo. Il senso profondo, e attuale, di quella «signora», o fanciulla incolpevole, della narrazione antica, dall’Iliade alle grandi tragedie ateniesi, ci viene invece restituito dalla ricostruzione del personaggio, lungo gli ultimi 2500 anni, dalla scrittura di Ruggero Cappuccio (direttore del Campania teatro festival associato alla produzione), e fatta rivivere nei giorni scorsi da Jan Fabre, con una straordinaria Sonia Bergamasco nel ruolo di protagonista: Resurrexit Cassandra, appunto.

PERCHÉ CASSANDRA in realtà, con il suo carattere, la sua sapienza, e soprattutto il dono prezioso di vedere il futuro a lei concesso dagli dei, non è affatto morta nell’Agamennone di Eschilo sgozzata dalla furia di Clitennestra moglie gelosa e sanguinaria, ma continua a vivere e riprodursi nei secoli, voce della coscienza di generazioni successive che dall’antica Grecia giungono fino a noi, e al mondo intero, e al suo bisogno di conoscenza e giustizia. L’intuizione drammaturgica è notevole e bella, anche se corre il rischio di diventare un po’ «meccanica» nel suo dipanarsi oggi, quando i problemi cosmici e collettivi della sopravvivenza e delle scelte che l’umanità intera dovrebbe affrontare, rischia di risultare, se non scontata, in qualche modo «prevedibile». Anche perché nuove generazioni e nuove comunità planetarie hanno consapevolezza e reclamano con forza la necessità del cambiamento, nei rapporti con la natura dell’intero pianeta, e con i miliardi di esseri umani che lo abitano con eguali diritti.

IN REALTÀ lo spettacolo acquista forza e sanguigna vitalità, lungo la scansione e le invenzioni della bella e rispettosa regia di Fabre, dall’interpretazione di Sonia Bergamasco. Senza risparmio l’attrice modula corpo e voce in pieghe straordinarie, che insieme fraternizzano mentre incutono rispetto e timore con quanto lucidamente «vaticinano». Un tour de force che passa anche per la variazione cromatica degli abiti (tutti laminati e fatali) da cui progressivamente l’attrice si libera, quasi fosse una pelle dopo l’altra, e insieme un patrimonio di sapienza e coscienza. Una bella e fascinosa performance, che nello spazio di poco più di un’ora, ci fa viaggiare attorno e dentro di noi, tra le nostre sicurezze e i nostri dubbi, le illusioni e i rischi di una consapevolezza che continuamente rischia di sfuggire all’umanità. La guerra, la violenza, il sangue, e quindi la contaminazione del pianeta, il clima, le risorse. Un viaggio drammatico (di cui quella Cassandra è meravigliosa quanto tragica testimonial) dentro di noi, le nostre paure e i nostri incubi, e la scarsa voglia di scongiurarli.
La bella stagione teatrale di Pompei prosegue oggi con il Purgatorio dantesco riscritto da Mario Luzi per Sandro Lombardi e Federico Tiezzi, e nel prossimo fine settimana con l’atteso nuovo spettacolo di Emma Dante, Pupo di zucchero.