«Dopo il cartello dei Los Soles, adesso abbiamo quello dei Los Flores». La battuta ha circolato subito sulle reti di opposizione, in Venezuela. Senza ironia. Da mesi, dopo la fuga a Miami (via Madrid) di una ex guardia del corpo di Diosdado Cabello, le destre sostengono che il presidente del Parlamento venezuelano sia a capo di una rete di narcotrafficanti denominata Los Soles. E ora vedono confermato il teorema, dopo l’arresto di due nipoti di Cilia Flores, moglie del presidente Nicolas Maduro, ad opera della Dea. L’accusa per Antonio Campo e Francisco Flores è da ergastolo: per traffico di droga e cospirazione. Martedì scorso sono stati arrestati nella capitale haitiana Port-au-Prince e portati a New York. Sono già comparsi davanti a un giudice, che ha confermato l’arresto senza cauzione. La prima udienza è fissata per il 18.

L’ordinanza pubblicata dalla Cnn accusa i due del possesso di circa 5 kg di sostanze psicotrope contenenti cocaina. Le prime notizie, sempre di fonte Usa, hanno invece parlato di un gigantesco traffico – 800 kg – che avrebbe dovuto procedere dalla Colombia al Venezuela, via Honduras, fino agli Stati uniti e all’Europa. I due avrebbero progettato il traffico insieme a un presunto contatto, risultato invece un agente della Dea, che li avrebbe filmati per otto mesi.

Un arresto avvolto nel mistero fin dalle modalità della cattura. Per oltre ventiquattr’ore, sono circolate foto di altre due persone, i fratelli Jorge e José Castillo, detenuti negli Usa per tafferugli allo stadio. Inizialmente, la magistratura nordamericana ha confermato solo l’arresto di «due venezuelani». Fonti haitiane raccontano di altre persone presenti sull’aereo, lasciate libere dalla Dea dopo una prima perquisizione, risultata senza esito.

A maggio scorso, ad Haiti era stato arrestato Fabio Lobo Lobo, figlio dell’ex presidente honduregno Porfirio Lobo, messo a capo dello stato dopo il golpe contro Manuel Zelaya. Ma questa volta le autorità haitiane hanno smentito ogni coinvolgimento. Dopo una serie di passaggi, la proprietà dell’aereo risulta legata a personaggi di opposizione e finanziatori delle loro campagne, e a una impresa basata in Florida, la Coinspectra.

Perché i due accusati avrebbero dovuto servirsi di un «passaggio» simile? Perché in un paese in cui si può assoldare un corriere per meno di 200 euro avrebbero dovuto assumersi un rischio del genere? Forse racconteranno la loro versione nell’udienza del 18.

Intanto, né il presidente né la moglie hanno finora fornito dichiarazioni pubbliche. A Ginevra, dov’è intervenuto a una seduta dell’Onu sui diritti umani, Maduro ha parlato di «imboscate dell’imperialismo» e ha scelto di illustrare le caratteristiche del socialismo bolivariano, che ha messo al centro delle sue politiche un’articolazione forte tra diritti economici e libertà. La notizia dell’arresto è esplosa proprio nel giorno in cui il presidente venezuelano doveva parlare all’Onu. E un gruppo di avvocati di opposizione ha presentato alla Corte penale internazionale una denuncia nei suoi confronti «per crimini contro l’umanità».

L’ennesimo attacco politico alla credibilità del governo e dei suoi dirigenti mentre si avvicinano le elezioni parlamentari del 6 dicembre.

Ieri è cominciata la campagna elettorale. Per sostenere il rinnovamento delle cariche e i molti giovani candidati nelle file del Psuv, il chavismo ha messo in campo i grossi calibri come Cilia Flores, avvocata e militante di lungo corso della sinistra venezuelana. La gestione di questo scandalo, però, peserà sulla campagna. Il nodo della corruzione è uno dei temi più dibattuti, dentro e fuori il chavismo. Negli ultimi mesi sono cadute molte teste: «Non faremo sconti a nessuno», ha promesso Maduro quando è stato eletto. Ma in un paese che vive della rendita petrolifera, in cui circolano fiumi di denaro e l’architrave dello stato non si è modificato, quello della corruzione è un cancro difficile da asportare.

Negli anni della IV Repubblica – quelle dell’alternanza di potere fra centrodestra e centrosinistra e delle oligarchie ben incrostate al potere – , le cose andavano ancora peggio. L’allora presidente socialdemocratico Carlos Andres Pérez finì in carcere due volte: una prima per aver finanziato illegalmente la campagna della conservatrice Violeta Chamorro in Nicaragua, un’altra per aver trasferito fondi nelle banche di Miami, dove ha poi trovato rifugio fino alla fine dei suoi giorni.