Resterà chiuso a tempo indeterminato il valico di Rafah, sulla frontiera tra Gaza e l’Egitto, su decisione delle nuove autorità Cairo, dopo che un soldato, cinque agenti di polizia e un sacerdote copto hanno perso la vita due giorni fa negli agguati che hanno indotto i comandi militari a imporre il coprifuoco a nord del Sinai. Attacchi che a El-Arish hanno visto i manifestanti –  sostenitori del presidente deposto Mohammed Morsi, ai quali si sarebbero uniti membri di organizzazioni salafite armate – cacciare le forze di sicurezza da un edificio governativo issando la loro bandiera. Ieri mattina è stata annunciata proprio nel Sinai la nascita di un nuovo gruppo islamista armato per rispondere alla destituzione del presidente Morsi. Ansar al-Sharia, questo il nome della formazione, ha definito il golpe militare «una dichiarazione di guerra contro l’Islam in Egitto» e ha fatto sapere che sta armando e addestrando i propri militanti per combattere contro l’Esercito  e le autorità centrali.

La tensione nella penisola resta alta e, come molti avevano previsto, finiscono per farne le spese anche i palestinesi. E non solo per la chiusura del valico di Rafah, unica porta sul mondo per i civili di Gaza. Il giornalista egiziano Mohamed Fadel Fahmy ha scritto su Twitter che i servizi segreti avrebbero informazioni su di un numero di salafiti palestinesi di Gaza che sarebbero entrati nel Sinai per unirsi ai jihadisti negli attacchi portati contro le postazioni militari. Non c’è modo di verificare la concretezza di queste indiscrezioni ma la notizia è bastata ad accrescere la diffidenza di tanti egiziani verso i palestinesi di Gaza, che si registra da qualche tempo. A causa anche delle accuse che i vertici militari egiziani da tempo rivolgono al governo di Hamas (alleato di Morsi) responsabile, a loro dire, non attuare misure restrittive nei confronti dei salafiti palestinesi alleati di quelli che hanno fatto del Sinai la loro roccaforte.

Lo scorso 5 agosto, 16 guardie di frontiera egiziane furono uccise nei pressi di Rafah da un commando che poi penetrò per diverse centinaia di metri all’interno del territorio israeliano prima di essere bloccato. In quell’occasione i servizi di intelligence egiziani affermarono che  per le gallerie clandestine tra Gaza e il Sinai erano passati alcuni dei partecipanti palestinesi dell’attacco alla stazione di polizia di Rafah. Salvo poi scoprire che al raid avevano partecipato islamisti radicali egiziani scarcerati con un gesto di clemenza presidenziale da Mohammed Morsi 45 giorni prima. Altre accuse ai palestinesi sono state rivolte in occasione del recente sequestro nel Sinai di alcuni poliziotti egiziani.