Diecimila euro di multa alla Spagna per le espulsioni indiscriminate al confine di Melilla. Modesta ma significativa la sanzione comminata ieri dalla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo per l’espulsione illegale di due migranti che nell’agosto del 2014 avevano messo piede in territorio spagnolo dopo aver scavalcato insieme ad un’ottantina di persone il muro di filo spinato che cinge i confini dell’enclave di Melilla. La sentenza – unanime, ma suscettibile di riscorso – impone alla Spagna il pagamento di 5mila euro a titolo di risarcimento dei danni morali a un ivoriano e un malese, che secondo quanto afferma la sentenza della Corte europea, «furono espulsi contro la loro volontà e privati delle dovute tutele legali e della possibilità di avvalersi di un interprete per opporre eventuale ricorso all’espulsione». Presi, insomma, e rispediti al mittente come pacchi postali, senza verificarne il diritto d’asilo, né le condizioni sanitarie, come imporrebbe invece la Convenzione europea dei diritti dell’uomo. La Spagna non nega, ma si difende cercando il cavillo legale nella tragedia umana: i fatti, si giustifica l’esecutivo, sarebbero avvenuti sul lato marocchino della frontiera e non sarebbero perciò giudicabili secondo la giurisdizione europea.

Ma il problema va ben oltre il caso specifico, che non costituisce affatto un caso isolato. Le espulsioni sommarie sono infatti molto frequenti alle frontiere di Ceuta e Melilla e avvengono, spesso in maniera violenta, con la complicità della gendarmeria marocchina, che collabora attivamente con la polizia spagnola per contenere e dissuadere la migrazione attraverso i due territori spagnoli su suolo africano. Una prassi «sistematica e inumana», come ha sottolineato la portavoce di Izquierda Unida presso il parlamento europeo Marina Albiol, che, alla luce della sentenza, ha chiesto alla commissione europea di imporre al governo spagnolo il rispetto delle convenzioni internazionali in materia di asilo e immigrazione. Difficile, tuttavia, che la decisione di Strasburgo possa porre fine alle cosiddette «devoluciones en caliente», che il governo ha addirittura cercato di legalizzare mediante la legge di Sicurezza cittadina approvata nel 2015 (più conosciuta come Legge bavaglio), che riconosce la legittimità di questa prassi.

Di certo, però, la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo segna un precedente legale che può fare da deterrente e che ribadisce, se mai ce ne fosse bisogno, quanto già avevano evidenziato a suo tempo giuristi spagnoli ed europei: le espulsioni indiscriminate violano la Costituzione e il Codice penale sul piano nazionale, e (almeno) la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, le Convenzioni di Ginevra e lo Statuto dei rifugiati sul piano internazionale.