Visioni

Resistenze femminili per Marta Cuscunà

Resistenze femminili per Marta CuscunàLa semplicità ingannata di Marta Cuscunà

A teatro Autrice-attrice appassionata nel dare voce alle donne, inizia poco più che ventenne e, lungo l’ultimo decennio, arriva a confezionare una trilogia militante e innovatrice del classico teatro di narrazione

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 3 febbraio 2018

L’occasione è il Giorno della memoria, per l’ospitalità al Quarticciolo di Marta Cuscunà con due sue Resistenze femminili. Autrice-attrice appassionata nel dare voce alle donne, inizia poco più che ventenne e, lungo l’ultimo decennio, arriva a confezionare una trilogia militante e innovatrice del classico teatro di narrazione. L’attenta ricerca dei particolari delle storie è coniugata a una scrittura scenica complessa nell’articolare elementi e linguaggi che sfondano i reticoli dei generi e collocano l’opera in una fertile zona di confine. Nelle mani di Cuscunà la storia di Ondina Peteani, prima staffetta partigiana d’Italia, con la quale condivide un’appartenenza geografica, entrambe sono di Monfalcone, diventa materia per una grande prova d’attrice. Con È bello vivere liberi si cuce addosso una partitura mutevolissima e incandescente per ricordare l’adesione alla Resistenza e poi la deportazione politica ad Auschwitz, mentre la gioiosa e a tratti comica freschezza della parola detta – con i burattini manovrati nel momento topico di un’azione partigiana – scivola nell’atrocità nazista.

E qui la marionetta si eleva a strumento per raccontare l’indicibile. Come qualcosa che accada fuori da sé, rimedio escogitato da Ondina per sopravvivere alle atrocità subite. Una sorta di sdoppiamento che permette di distanziarsi dagli accadimenti come se non fossero stati vissuti. È il mezzo che forse permette di tornare a vivere da sopravvissuta allo sterminio, rinunciando alla memoria. Il silenzio di molte donne deportate come oppositrici del regime nazifascista ha rallentato l’emersione delle loro storie.

All’onta di non essere credute, e la vergogna per le sevizie sopportate, si sceglie il silenzio. In questo ordine di cose si è chiusa la vita di Francesca Del Rio, nome di battaglia Mimma, per la quale il 10 febbraio sarà ufficializzata la richiesta di riconoscerla tra le partigiane italiane, se n’è fatta carico un’altra staffetta, la novantenne Teresa Vergalli. Si approda in pieno Cinquecento con La semplicità ingannata, secondo capitolo della trilogia, per la quale Cuscunà, in veste da sposa, ricorda l’abuso dei padri nel chiudere in convento le figlie, per non pagare la dote ai mariti. Tragicomica condizione di monachesimo forzato anche per le Clarisse di Udine, dove la presa di coscienza collettiva si sviluppa con l’appropriarsi della cultura. Le sei pupazze, manovrate con maestria da Cuscunà, diventano delle combattenti con il vessillo del loro essere donne consapevoli.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento