Il primo vero scossone per la saga di Resident Evil è stato il quarto capitolo, quella svolta action che mandava, nel lontano 2005, in pensione gli imprescindibili zombi e le ville claustrofobiche. Il moderno si era fatto spazio in una serie di videogames che, già dal terzo capitolo, mostrava il fiato corto, ma che avrebbe ancora regalato ai fan l’ultimo grande canto del cigno, Resident Evil code Veronica, uno degli episodi più amati dai fan, più grande, più complesso nella storia e negli enigmi, senza vergognarsi dei suoi lenti morti viventi.

Dopo c’è stato il buio, ravvivato qua e là da sprazzi, brevissimi di luce, videogiochi che ormai erano stati spogliati dell’anima horror a favore di una sorta di Gears of War macabro, superficiale e coatto, stuprato nell’essenza anche quando, come in Revelations, cercava di tornare alla suspense con la codardia di chi, alla Tomasi di Lampedusa, “cambiava tutto per non cambiare nulla”. Per questo Resident evil 7 con la sua visuale in prima persona è stato il secondo scossone, forse non epocale come quello del 4, ma comunque necessario per ripensare ad una saga morente nell’unico modo possibile per farla rinascere: ritornare alle origini, quelle di un terrore palpabile. Ecco allora che questo remake ne è il diretto figlio, un capitolo che ci riporta ad un 1998 che non è mai esistito, fatto di grafica in 4k, di animazioni che competono con il cinema, e la paura, finalmente dopo tanto tempo, in scena.

Con Resident evil 2 nuovo millennio si sceglie la strada ibrida, un mix tra passato e presente, tra l’omaggio del tempo che fu e le innovazioni dei giochi moderni, con la telecamera dietro la schiena dei personaggi, come già nel quarto capitolo e nei suoi discendenti bastardi, ma con un’impostazione classica, dal ritmo, agli enigmi, senza però mai rinunciare ad essere, più che un clone fallito, un omaggio, un’attualizzazione, un restauro artistico di un capolavoro videoludico. Possiamo comandare, come nella versione classica, per psx due eroi, la bella Claire, sorella di uno dei protagonisti del primo capitolo, Chris Redfield, e Leon S. Kennedy, giovane recluta della polizia al suo primo giorno di lavoro in una Racoon city che vomita dalle strade zombi putrefatti. Per completare il gioco bisognerà giocare all’avventura con entrambi, due volte, in schemi simili ed altri che si diversificano, per un totale di circa 20 ore, tese e impegnative.

Ottima la parte di Leon con sezioni persino stealth di Ada Wong, una sexy doppiogiochista che l’aiuterà nelle varie fasi di gioco, nelle quali affronteremo anche un enorme e famelico coccodrillo nascosto, come prassi, nelle fogne. Ancora meglio il gioco con Claire, più spaventoso e cupo, soprattutto quando ci vedremo nelle inaspettate vesti di una bambina a dover sfuggire dalle grinfie di un orco umano, in un orfanotrofio da incubo, con le ombre che si allungano a dismisura, dietro le finestre, come una favola dei Grimm.

I nemici non mancano, molti e vari, a partire dai classici morti viventi, per la prima volta con fattezze diversificata per etnia, sesso ed età, senza dimenticare creature più veloci e mostruose come il licker, una specie di lucertola rosso porpora dalla lingua lunghissima, il cervello in bella vista e le zanne lunghissime. Il trono del miglior villain però spetta a Mr X, un colosso indistruttibile, che seguirà per l’intero gioco i due personaggi fino al finale, faccia a faccia, con l’altro grande cattivo della serie, il Tyrant e il suo corpo in piena mutazione orribile. Resident evil 2 è un grande gioco, perfetto nel suo intrattenere, una capsula del tempo che non ha bisogno di DLC, contenuti aggiunti a pagamento, ma che, come i grandi giochi del passato, regala a fine partita i suoi bonus, dalle statue virtuali collezionabili agli schemi survivor, una sciccheria che l’avidità dell’era moderna ci ha fatto dimenticare. Intanto possiamo gridarlo a gran voce: Re(sident evil) è tornato, viva il re.