Passi pesantissimi rimbombano perentori, battendo sul soffitto, più lontano poi più vicino, echeggiando fino dietro la porta che per ora ci chiude in una stanza sicura, con una baule dimenticato in un angolo, scaffali polverosi e una vecchia macchina da scirvere su un tavolo disordinato. Al suono burrascoso dei passi si aggiungono i grugniti, i rigurgiti, i suoni gutturali e i lamenti. Oltre quel fragile uscio non c’è solo un gigante mutante, vestito di un cappotto nero e con un cappello che lo trasforma in una caricatura abominevole e minacciosa degli uomini con la bombetta di Magritte, ma affamati morti viventi ed esseri decorticati, ciechi, con zanne e artigli da predatori. Potremmo eliminarli tutti, forse, se avessimo più proiettili e le sostanze curative per sopravvivere all’attacco dei mostri. Ma il nostro inventario è quasi vuoto. Usciamo dalla porta disperati e fuori, trai i corridori e sulle scale di una stazione di polizia precipitata nel peggiore degli incubi mutanti, è peggio di quello che ci eravamo aspettati. Uno zombi ci afferra e ci morde, lo allontaniamo con due dei 7 proiettili che ci rimangono, fuggiamo e una lingua lunga due metri ci frusta la schiena fuoriuscendo da un abominio rossastro che scorre sui muri, riusciamo ad allontanarci, zoppicando, quand’ecco che arriva il titano che ci assordò con i suoi passi, non ha mai smesso di darci la caccia. Con un pugno del suo braccio gigantesco ci stende. Siamo morti. Ancora una volta, nella stanza…

Posto che lo giochiate nella modalità “estrema”, l’unica consigliabile a chi vuole vivere un’esperienza ostica, terrificante e disperata -altrimenti che gusto ci sarebbe- Resident Evil 2 Remake è un carnevale masochistico di orrori e paura, palpitazioni e sudore. Tuttavia è proprio la sua difficoltà a ripristinare quell’antico senso di terrore virtuale ispirato dai Resident Evil di un tempo, la tensione perpetua, la strategia rigorosa, il virtuosismo ludico.

Uscito per Playstation 4, PC e Xbox One, il remake del gioco Capcom ridisegna grazie ai motori grafici più avanzati un classico degli anni ’90 senza snaturarne l’anima grandguignolesca e oscuramente avventurosa, amplificando anzi lo splatter grazie a migliaia di pixel che dipingono con una chiarezza esemplare e quasi pornografica lo scempio carnale di zombi putrefatti, la sconcezza di ferite mortali, il lucore opaco del sangue. Ma non solo l’orrore, ogni dettaglio delle ambientazioni che gia visitammo nel passato contribuisce ad alimentare il realismo di luoghi scaduti nell’abominio, familiari eppure orrendamente nuovi in una meravigliosa sovraimpressione tra passato e presente. L’atmosfera horror di questo ambizioso ma più che riuscito rifacimento è quella di un cult horror, riportandoci ai film di genre più geometrici ed etici, quelli di George Romero, ma con la ritmica ansiogena e avventurosa del John Carpenter di Prince of Darkness o del finale di The Fog, o de la Cosa, quando Kurt Russel rimane solo, di fronte all’orripilante manifestazione definitiva del mostro.

L’intreccio, salvo variazioni -una delle quali ci propone, purtroppo e solo per i wagneriani come chi scrive, L’Addio di Wotan da La Walkiria come contrappunto sonoro a un segmento agghiacciante ma orrendamente favoloso in un orfanotrofio, desublimando la musica- segue quello originale e risaputo: la lotta per sopravvivere di un uomo e una donna nella città immaginaria di Raccoon City, dove le mutazioni causate dai medicinali e i virus artificiali e para-militari della corporazione farmaceutica Umbrella sono sfuggiti a ogni controllo.

Le dinamiche del “survival-horror” sono spietate per chi ha il coraggio di non affrontarle semplificate, non è possibile nessuno spreco, bisogna muoversi con lentezza, pensare dieci volte in una frazione di secondo prima di decidere se sparare o fuggire. Gli zombi, nemico principale del gioco, sono lenti nella tradizione romeriana ma implacabili, difficili da abbattere se non a costo di un grande spreco di pallottole. Tuttavia spesso è necessario eliminare i morti viventi e vaghiamo così per la stazione di polizia, per i suoi brucianti dintorni metropolitani, nelle melmose e solenni fogne bagnate da fiumi escrementizi rivoltanti, per un asettico e candido laboratorio del terrore, sempre con un angosciante sentimento di insufficienza, con l’ansia di avere sbagliato e di non potere piu proseguire oltre, perchè significherebbe la fine. Gli zombi inoltre non sono gli unici nemici e oltre i già citati ributtanti Licker non-vedenti dal cervello esposto (se camminate piano non si accorgono di voi, forse) e il colossale Tyrant magrittiano, ci sono i dobermann marci seppure veloci e affamati, velenosi e indescrivibili bubboni semoventi, incroci tra uomini e pianta che possono solo essere eliminati con il fuoco, se vi resta qualcosa che brucia, altrimenti si rialzano sempre. E poi c’è William Birkin, “geniale” inventore del virus, e le sue diverse mutazioni a base di occhi abnormi, lo incontrerete più volte, e ognuna di queste vi metterà gravemente in crisi con la sua bestiale, folle cattiveria.

Ad esaltare il panorama visivo c’è quello sonoro, soprattutto se giocate con gli auricolari, poichè i suoni sono registrati con una tecnica che li diffonde in tre dimensioni. Quindi indossando le cuffie percepiamo i rumori provenire a distanza variabile davanti, sopra o dietro di noi, una maniera di esperire il suono utile non solo per rendere ancora più iperbolica la dimensione horror di Resident Evil 2 Remake, ma per fini strategici, poichè ci lascia intuire con più precisione la posizione di una creatura.

Infine quando arriverete ai titoli di coda vi troverete un ringraziamento speciale al team italiano Invader Studio, che anni fa intraprese la realizzazione di un remake indipendente proprio di Resident Evil 2, di cui un trailer ebbe milioni di visualizzazioni in rete, tanto da essere visionato persino in Giappone da Capcom che apprezzò ma bloccò lo sviluppo del rifacimento made in Italy, perchè segretamente già al lavoro sul proprio. Tuttavia Capcom supportò con risorse, consigli e la partecipazione dei propri autori, una nuova opera originale dello studio laziale: l’atteso e promettente survival-horror intitolato Daymare 1998, il cui lungo, appassionato sviluppo è quasi giunto al termine.

Dopo il settimo episodio, il più sperimentale della saga solo se esperito con la realtà virtuale di Ps 4 che lo trasforma in una pietra miliare dell’horror oltre ogni categoria artistica e mediatica, Resident Evil 2 Remake ritorna al classicismo delle sue origini, ribadendo la validità di quelle remote intuizioni ludiche e confermando che le idee eccezionali non cedono alla tecnologia e all’obsolescenza, permanendo intonse nel loro valore giocoso.