«C’è poco da fare, quando arrivano temi sensibili come questi mostriamo le nostre differenze interne», ammette un parlamentare del Movimento 5 Stelle all’indomani della videochat che, rigorosamente non sulla piattaforma Rousseau, mercoledì sera ha consegnato al reggente Vito Crimi la legittimità di portare avanti la linea dura contro ogni forma di riconoscimento di diritti di soggiorno ai migranti che lavorano nei campi.

Poche ore dopo, e siamo a ieri, Crimi si è presentato in televisione, a UnoMattina su RaiUno, e ha formulato un annuncio che suona come un ultimatum: «Diciamo no alla regolarizzazione dei migranti irregolari». L’urgenza del tema spinge verso un accordo, ma è un fatto che il M5S da qualche giorno, come ai tempi dei diktat di Gianroberto Casaleggio e della fascinazione per Salvini, abbia di nuovo accolto posizioni di destra sul tema dei migranti.

Gli eletti del M5S si sono incontrati per via telematica per discutere della proposta Bellanova. La discussione è servita a registrare le differenze. Anche i parlamentari che nei giorni scorsi più si sono spesi per la regolarizzazione dei migranti riconoscono che la linea contraria a «ogni sanatoria» sostenuta da Crimi ha prevalso. Deputati e senatori che appoggiano Crimi contestano il fatto che i migranti cui si riconoscerà un permesso di soggiorno «poi andranno veramente a lavorare nei campi». Soprattutto, però, sentono il fiato sul collo della Lega.

Temono che un partito che continuano a considerare contiguo e dunque competitore diretto possa strappare consensi agitando il tema dell’immigrazione. Quelli che hanno cercato di sostenere la tesi opposta costituiscono una minoranza significativa anche se come al solito prudente, sono una voce che ha un peso specifico negli equilibri interni. Il presidente della commissione affari costituzionali Giuseppe Brescia, che da sempre lavora sull’immigrazione, ha cercato di dialogare con Crimi. Ha ammesso l’esigenza «di far emergere il lavoro nero» e sottolineato la necessità di formulare una proposta alternativa a quella di Bellanova. Però ha anche detto chiaramente: «È sbagliato inseguire Salvini».

Che lo spettro di Salvini aleggi sui 5 Stelle è dimostrato dal fatto che nelle scorse ore attorno alla questione della regolarizzazione dei migranti si sia ricomposta la componente dei parlamentari grillini che l’estate scorsa, in un momento di spaesamento e delegittimazione dei vertici di fronte alla rottura della maggioranza con la Lega, trascinò quasi a spintoni la prima forza politica di questa legislatura fino all’accordo con il Pd. Tra i primi a prendere posizione c’è ad esempio il senatore Matteo Mantero, allergico alle Lega da tempi non sospetti. O il deputato palermitano Giorgio Trizzino, che ha cominciato un anno fa a tessere la tela del centrosinistra in chiave pentastellata. «Alla riunione sono emerse diverse posizioni – dice adesso auspicando un punto di incontro nella maggioranza – Ma siamo nel momento di poter prendere decisioni che non devono essere sopraffatte da provocazioni».

Ulteriore tassello: Trizzino ha sottoscritto anche una lettera aperta assieme a qualche eletto grillino e a diversi parlamentari e deputati europei del Pd che auspica anche un cambio di fase sulla gestione degli sbarchi: «Nessuno sia abbandonato in mare o respinto verso un Paese in guerra come la Libia», recita il testo. «I valori e le cose buone non possono che essere trasversali, ho condiviso anche una proposta per la scarcerazione dei detenuti contro il sovraffollamento», spiega con toni concilianti.

Ha firmato quell’appello anche Doriana Sarli, deputata campana che si è spesa prima per la rottura con la Lega e adesso a favore della regolarizzazione. «Persino il decreto Salvini prevedeva che in caso di calamità naturale ci fossero deroghe alla linea dura – dice Sarli – Questa è l’occasione per fare emergere il lavoro nero, garantire la sicurezza sanitaria e favorire le condizioni per un mercato del lavoro agricolo più equo. Che aspettiamo?».