Mercoledì notte, nei pressi della sede dell’emittente televisiva Espresso di Kiev, il deputato della Rada ucraina Igor Mosiychuk è stato investito da una forte esplosione.

La bomba, che secondo gli inquirenti era composta da un chilogrammo di tritolo, ha ucciso due guardie del corpo mentre Mosiychuk e altre quattro persone sono rimaste ferite. Il deputato dopo essere stato operato è ora considerato dai medici, fuori pericolo.

Mosiychuk ha un solido curriculum nell’arcipelago dell’estrema destra del paese. Per due anni ha combattuto nel Donbass contro le repubbliche «filo-sovietiche» nelle file del famigerato Battaglione Azov che si richiama alle gesta, durante la Seconda guerra mondiale, dell’esercito collaborazionista e fascista di Stepan Bandera. Successivamente Mosiychuk si è unito al Partito Radicale, una formazione della destra populista vicino alle posizioni del premier ungherese Viktor Orbán, riuscendo ad essere eletto in parlamento.

Secondo il vice ministro degli interni ucraino Zoryan Shkiryan si è trattato di un attentato preparato con «cura e professionalità».

Shkiryan, è convinto che «dietro l’attentato ci sia il Fsb, il servizio di sicurezza russo, al fine di destabilizzare il paese e agganciarsi alle proteste in atto nel paese». Un riferimento alle recenti manifestazioni di piazza organizzate dall’ex-premier georgiano Michail Saakashivili che puntano a rovesciare il governo di Petr Poroshenko.

Il deputato della Rada Anton Gerashenko crede invece che dietro l’attentato potrebbe esserci il governatore della Cecenia Razman Kadyrov. Nel 2014 il leader ceceno aveva minacciato di morte Mosiychuk pubblicamente.

Ieri Kadyrov ha replicato: «Non esiste alcun indizio della sua colpevolezza. Il governo di Kiev vuole solo far dimenticare di aver spinto in paese in un vicolo cieco».

Le accuse contro la Russia hanno provocato anche la reazione del Cremlino. Dmitry Peskov, portavoce di Vladimir Putin, è intervenuto ufficialmente per rigettare «le accuse isteriche e senza alcuna concretezza che vengono dall’Ucraina contro Razman Kadyron e altre personalità russe». Peskov si è detto deluso per «come ormai la russofobia stia sopraffacendo Kiev».

Sebbene la pista che porta a Mosca non possa essere esclusa, le vicende di queste ultime settimane conducono a pensare che l’attentato possa essere l’ultimo capitolo della resa dei conti all’interno della destra per l’egemonia del movimento anti-Poroshenko.

La maionese politica ucraina sembra ormai impazzita. Solo pochi giorni fa Andrey Kryshenko leader dell’Esercito Nazionale di Liberazione, formazione legionaria di estrema destra, è stato ferito dopo uno scambio di colpi di arma da fuoco con alcuni sconosciuti in pieno centro di Kiev. È sorprendente però che la procura non abbia dichiarato Kryshenko parte lesa ma lo abbia arrestato per tentato omicidio.

Una misura che ha provocato l’assalto all’infermeria del commissariato dove è detenuto, da parte di decine di militanti della sua organizzazione. Il tentativo di evasione è stato respinto soltanto dall’intervento nel commissariato dei reparti speciali.

Cattive notizie invece per Saakashvili. La procura ucraina ha respinto la sua richiesta di essere dichiarato rifugiato politico e potrebbe decidere di estradarlo in Georgia dove lo aspettano molti processi per corruzione. Sentendosi braccato, l’ex presidente georgiano, ha deciso di trasferirsi nella tendopoli vicino al parlamento organizzata dai suoi sostenitori. La sua avventura politica in Ucraina potrebbe avere i giorni contati.