Non c’è nessuna interlocuzione tra Renzi e Casaleggio «nemmeno per interposta persona», «i due peraltro non si conoscono e non si sono mai incontrati né sentiti. La posizione del senatore fiorentino rimane quella assunta dalla direzione del Pd sintetizzabile con la frase “tocca a loro”». Lo staff del «senatore fiorentino» smentisce i quotidiani, anche il nostro, che ieri hanno riferito di contatti, anche se non diretti, fra persone vicine all’ex segretario del Pd e la Casaleggio Associati.

Ufficialmente la linea dell’«arrocco» non è in discussione. Né per chi sottotraccia lavora a smontarla, né tantomeno per chi invece, come Matteo Orfini, invece crede che sia l’unica politicamente possibile per il Pd. «Restiamo all’opposizione. Fin qui non è cambiato nulla e non vedo cosa possa cambiare. Ma, ovviamente, ne discuteremo in direzione appena sarà chiaro lo sviluppo della situazione», spiega.

Del resto il presidente Fico sarebbe in grado di fare un’offerta in grado di smuovere il Pd dal suo isolamento – splendido non risulta – magari togliendo dal tavolo la premiership di Di Maio o mettendo sul piatto lo schema di un programma che non sia la cancellazione delle riforme renziane, quella promessa dal programma (versione A e versione B) dei pentastellati? No. E infatti fra i renziani doc prevale lo sfottò al leader 5 stelle. Come Davide Faraone: «Di Maio: ’Con Salvini possiamo fare grandi cose’. Berlusconi: ’Salvini è il nostro leader’. Ma siamo certi che stiamo parlando tutti dello stesso Salvini?». Per ora i toni sono questi.

Il reggente Maurizio Martina invece cerca di salvare le forme e non anticipare i tempi, che sarebbe una sgrammaticatura anche nei riguardi di Mattarella. «Valuteremo il percorso da fare anche al nostro interno alla luce delle indicazioni e delle novità che eventualmente emergeranno», ha detto ieri dal Salone del mobile di Milano.

Ma la verità è che, al netto di novità della domenica dal tira e molla fra Lega e 5 stelle, la delegazione Pd si prepara a ricevere «l’esploratore» Fico. Ad ascoltare le sue proposte. E a declinarle. Magari passando per la riunione della direzione, chiesta a gran voce da Francesco Boccia: «Per il Pd è il momento di discutere e di ascoltarsi. Non si può sempre utilizzare la direzione di un mese fa come rotta perché è cambiato tutto». A Sussidiario.net Boccia aggiunge anche «con i 5 Stelle ci sono punti di distanza, ma assolutamente colmabili». Il che che dà la possibilità a Di Maio e Fico di esultare per «le aperture» del Pd.

Diversa la posizione dell’altra minoranza dem, quella più consistente guidata da Andrea Orlando. Il ministro spiega che il tema di andare al governo con i grillini non si pone, «oggi lavorano alacremente per costruire un asse con la destra».

Il problema semmai è tutto dentro il Pd. Anzi, dentro il Pd non renziano: «Tutti quelli che ritengono che si debba aprire una stagione nuova nel Pd si devono organizzare per individuare un riferimento da qui all’estate», ha spiegato a Firenze in un incontro organizzato dalla sua area. Insomma, se Martina è troppo targato Renzi, dovrà uscire fuori un candidato. «La maggioranza che il giorno dopo le dimissioni di Renzi aveva deciso che il partito lo doveva guidare Martina deve dirci se ora ha cambiato idea», conclude, «Ce lo dicano. Si trova il segretario in assemblea? Bene. Andiamo al congresso? Bene. Ma se si tiene il Pd nel limbo il Pd muore».