In Spagna il leader di Podemos Pablo Iglesias cita il «compromesso storico» ma in realtà pensa a un accordo con il Psoe. In Italia invece la sinistra rompe ovunque con il Pd, da Roma a Milano. Per Alfredo D’Attorre, il più ulivista dei deputati di Sinistra italiana, non è proprio così: «a Milano decideranno i milanesi. Valuteranno se c’è lo spazio per una sfida vera a Giuseppe Sala o se le primarie sono solo la consacrazione del partito della nazione. A Roma la scelta è già fatta: Fassina non si è messo a disposizione della sinistra. ma delle forze sane della città. E delle forze sane anche del Pd».
Da sinistra però c’è chi vi invita a rompere con il Pd ovunque.
Lo schematismo, il settarismo e il dogmatismo non servono. A livello nazionale il centrosinistra è saltato per responsabilità di Renzi. Se salta livello locale è ugualmente per effetto delle singole scelte del Pd locale. Non perché da Roma qualcuno decide di rompere. Ma di fatto nella maggior parte delle grandi città le strade di Pd e della sinistra si dividono.
In ogni caso fra voi avete idee diverse. In Spagna Podemos vince, della greca Syriza abbiamo detto nel corso del 2015. In Italia la sinistra non si unisce?
L’unità naturalmente è un bene, ma Podemos non ha vinto sulla base dell’unità. E infatti alla sua sinistra sono rimasti altri partiti. Podemos ha vinto perché è stato percepito come una proposta credibile di cambiamento e di governo, innovativa rispetto agli errori della sinistra spagnola. Tentativi di imitazione sarebbero ridicoli, ma è lo stesso punto che abbiamo qui in Italia. Dobbiamo essere credibili. Quando chiedo il recupero della radice ulivista non penso alla riesumazione del programma degli anni 90, che peraltro conteneva errori gravi come il pacchetto Treu, la riforma Berlinguer e il modo con cui è stata costruita la moneta unica. Mi riferisco alla capacità di coinvolgere diverse culture, dal cattolicesimo democratico a quelle socialiste e post comuniste. Oggi dobbiamo ritrovarci in un progetto che sfidi il partito della nazione.
A Bologna, la culla dell’Ulivo, non mi pare si vada in questa direzione.
Le amministrative saranno importanti ma il vero atto fondativo del nuovo partito sarà il referendum costituzionale di ottobre. Al di là delle scadenze che ci daremo a partire da quella di febbraio, la prima del processo costituente. Ma il referendum non sarà sui dettagli tecnici della riforma. L’obiettivo sarà mandare a casa Renzi e riaprire la partita di un governo progressista.
Nel referendum può rinascere lo spirito dell’Ulivo?
Credo di sì. Sarò un no anche all’Italicum, non fosse altro perché nel caso bisognerebbe rimettere mano alla legge elettorale che vale solo per la camera. E quindi agli amici del Pd voglio parlare chiaro: sarà quello il loro vero congresso. Lì ci sarà la definitiva affermazione del partito della nazione o la riapertura di una nuova prospettiva di centrosinistra. Noi crediamo nel modello di società scritto nella carta costituzionale. Per loro sarà complicato essere contro il partito della nazione e a favore della riforma costituzione renziana. Quello sSarà anche il momento per ridefinire il nostro rapporto con l’Europa.
Ma ora Renzi attacca la Germania di Angela Merkel.
Solo una mossa mediatica. Era stato lui a dire che con le riforme l’Italia si sarebbe messa a correre. Invece dopo un anno di congiuntura favorevole siamo con una dinamica dell’occupazione peggiore di quella della Grecia, lo dice la Bce, con una crescita dello zero virgola e con un’incipiente crisi del sistema bancario. Le regole europee ci impediscono di fare fronte. Il decreto del governo è un errore: non dovevamo consentire la distruzione dei risparmi dei piccoli, dovevamo aprire un contenzioso fino alla Corte europea. Senza atti conseguenti Le battute contro Merkel sono chiacchiere. Il referendum sarà anche una riscossa patriottica per rilanciare la difesa degli interessi nazionali in una chiave non regressiva. Non dobbiamo lasciare questi temi alle destra, ci succederebbe quello che è successo in Francia.
La minoranza Pd chiede di cambiare l’Italicum. Anche voi. Non è che mirate all’alleanza con il Pd alle politiche ?
Io sono uscito dal Pd con un dissenso profondo sulle politiche renziane. La possibilità di allearmi con il Pd passa solo per la sconfitta dell’impianto renziano. Con la stima di sempre lo dico a Bersani e a Speranza: la legge elettorale cambierà solo se Renzi verrà sconfitto al referendum. Riflettano. Servirà anche a evitare all’Italia l’incubo di una scelta fra Renzi e Grillo. Dietro questo strepitare in fondo M5S non è alternativo al modello renziano.
Secondo lei M5S vuole conservare l’Italicum?
L’Italicum fa comodo a M5S: del resto perché a Grillo non dovrebbe piacere un sistema che svuota il parlamento di funzioni e gli consente di nominarsi i parlamentari? Solo così si spiega il fatto che l’M5S ha permesso a Renzi di nominare i giudici che gli consentono di cambiare gli equilibri della Consulta.