«Quando il presidente del Consiglio ha annunciato le misure per la legge di stabilità onestamente ho sentito che si realizzava quasi un nostro sogno». Giorgio Squinzi è una persona assai misurata e pacata. I suoi giudizi non sono mai sopra le righe. Sentirlo parlare in questa maniera ha sorpreso il suo stesso staff. Specie perché solo due mesi fa Squinzi diceva peste e corna del governo Renzi, bocciando financo il bonus di 80 euro – «non ha avuto impatto sui consumi» – e il decreto Sblocca Italia – «le risorse non sono sufficienti» – come disse al dirimpettaio Graziano Delrio durante il dibattito alla festa nazionale del Pd di Bologna il 31 agosto.

Da quel momento le cose sono cambiate. E tanto. Il cambio repentino lo ha fatto Matteo Renzi. «Fra Landini e Squinzi, ha scelto il secondo», sintetizza un uomo vicino al presidente di Confindustria. E se fino a prima dell’estate il premier si vantava di «non andare al congresso della Cgil così come all’assemblea nazionale di Confindustria», alla vigilia del varo della legge di Stabilità si è presentato all’assemblea della Confindustria di Bergamo, parlando come fece Berlusconi con Emma Marcegaglia nel 2008: «Il vostro programma sarà il nostro programma».

Da lì ha snocciolato dati e incartato promesse che sono miele per gli industriali: 6,5 miliardi di taglio dell’Irap più azzeramento dei contributi per tre anni per chi assume a tempo indeterminato. E se qualcuno mette in bocca al premier la frase: «È una manovra di sinistra, la Cgil dovrebbe applaudirmi», per rispondergli basta il titolo di ieri deIl Giornale: «Renzi fa una cosa di destra, finalmente meno tasse».

Il tutto per un totale di ben 18 miliardi di tagli. Provvedimenti che ieri Squinzi ha precisato vanno «esattamente nella direzione auspicata». Ma poco dopo il numero uno degli industrulia è tornato l’uomo obiettivo di sempre. E alla domanda se le nuove misure prospettate dal governo porteranno ad un aumento dell’occupazione, il presidente di Confindustria ha dovuto ammettere: «È difficile da dirsi, le assunzioni si fanno quando c’è una richiesta del mercato che in questo momento è molto depresso».E allo stesso tempo si è cautelato rispetto alla cronica «annuncite» di Renzi: «Come sempre attendiamo la conversione dei provvedimenti».

Squinzi fa bene a non fidarsi perché la legge di Stabilità da 30 miliardi – che oggi il Consiglio dei ministri varerà – cambia ogni giorno e gli annunci di Renzi di Bergamo producono come primo effetto la necessità di trovare almeno altri 5 miliardi per finanziare il taglio dell’Irap. Si guarda alla Spending review, ma non sarà facile fare marcia indietro e rispolverare il documento Cottarelli, da poco rottamato. Facile invece immaginare la mannaia abbassarsi su sanità, enti locali e istruzione: esattamente come è stato fatto da Monti in poi.

Nonostante le certezze di Renzi, la manovra è ancora a rischio bocciatura da parte della Commissione europea. Perché se il ministro Pier Carlo Padoan ieri all’Ecofin in Lussemburgo ha confermato che l’aggiustamento del deficit strutturale in manovra sarà dello 0,1 per cento, mantenendo il rapporto deficit/Pil al di sotto del 3 per cento, rispettando le regole europee – «andremo avanti nel consolidamento strutturale, c’è solo un ritardo dovuto al fatto che ad aprile, quando abbiamo preso gli impegni, la previsione di crescita era l’1,1% più alta di oggi per il 2015, il contesto si è altamente deteriorato», ha spiegato Padoan – la legge di stabilità rischia di essere in contrasto con le regole Ue e rispedita al mittente per modifiche.

È quanto hanno riferito all’agenzia Reuters fonti Ue spiegando che il progetto di bilancio italiano sarà giudicato anche sulla base del criterio di un aggiustamento strutturale di «almeno lo 0,7 per cento del Pil». Uno scarto di 0,5 punti percentuali quindi tra gli impegni italiani e le richieste della Commissione. Uno scarto che sarebbe valutato «come una seria violazione» delle raccomandazioni e potrebbe quindi portare a «un rinvio a Roma della legge di stabilità, ed eventualmente all’apertura di una procedura per debito eccessivo contro l’Italia».

Una prima valutazione della Commissione sulla legge di stabilità è prevista per novembre. Ieri sera Renzi ha telefonato al nuovo presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker: basteranno gli annunci a convincerlo a non bocciarci?