Cittadino stai sereno. Non lo ha detto, il premier Matteo Renzi, ma è come se lo avesse fatto.

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«Deve essere chiaro che sulla sanità questo Paese non sta tagliando», ha affermato perentoriamente rispondendo ieri durante il question time alla Camera sulla spesa sanitaria e sulle prescrizioni inappropriate. Peccato che subito dopo si sia contraddetto annunciando l’ulteriore taglio di almeno altri 3 miliardi sul Fondo sanitario del 2016, a dispetto del Patto sulla salute da poco siglato con i governatori. E aprendo così un nuovo fronte di scontro con le Regioni.

Sergio Chiamparino, presidente della Conferenza Stato-Regioni, si riserva «di approfondire il tema con i colleghi» ma chiede subito «un incontro con il governo per trovare un’intesa prima della definizione della Legge di Stabilità». Mentre il segretario nazionale Fp Cgil, Cecilia Taranto, parla di «disinvestimento annunciato da Renzi; lo stesso decreto sull’appropriatezza marcia nella direzione di scaricare sui cittadini il costo di 208 prestazioni. Non siamo per niente tranquilli».

«La sanità è l’unico settore che, dal 2002 ad oggi, ha visto aumentare del 40% il suo stanziamento – ha spiegato Renzi rispondendo alle domande del deputato di Sel, Arturo Scotto – nel 2002 il fondo sanitario era di 75 mld, nel 2014 era 109 mld, quest’anno sono 110 mld e l’anno prossimo arriverà a 111 miliardi». Una cifra, quest’ultima, che è molto minore di quella pattuita nel 2014 e ribadita a luglio scorso.

Solo una settimana fa, difendendo la lista di 208 esami medici da tagliare della ministra Lorenzin (che ieri ha incontrato il commissario governativo alla spending review), il coordinatore degli assessori regionali alla Salute, Sergio Venturi, aveva detto che «l’accordo raggiunto prevede un aumento di 3,3 mld per 2016». E infatti Chiamparino ricorda che «l’impegno assunto dal governo un anno fa con il Patto per la salute era di destinare 2 miliardi in più sul 2015 e 3 mld in più sul 2016, per un totale di 5 mld. Lo stanziamento per il 2015 è stato azzerato, sul 2016 mi pare di capire che la proposta sia di un miliardo in più, che non mi sembra sufficiente, anche alla luce dei rinnovi contrattuali dei medici e del personale sanitario che sono ancora in corso di trattativa».

Ma per il premier il problema semmai sta nell’impiego appropriato delle risorse: «Che si debba investire nella Sanità è un dato oggettivo perché la gente invecchia e come avrebbe detto il buon Woody Allen è sempre meglio dell’alternativa», aggiunge Renzi con la solita verve smagliante. Anche se «secondo la Società italiana di medicina su 64 milioni di visite specialistiche annue, il 10% non è appropriato. Lo dicono le società scientifiche, non lo dico io». Ma in definitiva, conclude Renzi, «non ci sono tagli nella sanità ma dobbiamo dare un messaggio di tranquillità e se c’è da cambiare qualcosa nel provvedimento approvato qualche settimana fa siamo pronti a farlo, anche perché non dobbiamo dare l’impressione ai cittadini che si tagliano le cure. Dunque disponibilità totale a ragionare, discutere e confrontarsi». Poi, in serata, dopo una giornata di proteste, al Tg3 il premier sbotta: «Si dice ci sono i tagli: no. Sulla sanità dobbiamo essere molto seri: non si possono fare giochini e polemiche».

Il governatore del Lazio, Nicola Zingaretti, è l’unico che cinguetta: «Bene Renzi: innoviamo il sistema ma non per tagliare». Mentre il governatore del Veneto, Luca Zaia, che si era già rifiutato di siglare il Patto sulla salute 2015, attacca: «Con questo gioco di numeri e date si sta prendendo in giro la gente». «Nel Def del governo c’è scritto 113 mld e nella legge di Stabilità dello scorso anno i miliardi erano 115 – nota Arturo Scotto – Se la matematica non è una opinione mancano all’appello 4 mld. Che significano meno prestazioni, aumento dei ticket e maggiori tempi di attesa. Così si stanno spingendo i cittadini verso il privato. L’Istat ci dice che oltre il 10% dei cittadini non si cura più. Questa è la vera emergenza nazionale, non quella di togliere la Tasi per tutti, anche a chi vive a piazza Navona». Protesta anche il coordinatore degli assessori regionali al Bilancio, Garavaglia (Ln): «Il risultato è che una serie di Regioni governate dal Pd inevitabilmente andranno in disavanzo, nel qual caso è previsto l’automatico innalzamento dell’addizionale Irpef e Irap».

Mentre Massimo Cozza, segretario nazionale Fp Cgil Medici, avverte: «È sempre più evidente che dietro al giusto obiettivo dell’appropriatezza si nasconde un’inaccettabile politica di tagli. La mobilitazione unitaria di tutti i sindacati medici insieme alla Federazione degli ordini è già in atto. Agli stati maggiori del 21 ottobre, a Roma, decideremo se è il caso di arrivare anche allo sciopero».