Sulle trivelle Renzi inciampa e indietreggia e l’Abruzzo, in particolare, tira un sospiro di sollievo. Il governo ha infatti presentato un emendamento alla legge di Stabilità con cui ripristina il limite delle 12 miglia dalla costa per le perforazioni petrolifere.

Così «Ombrina Mare», prevista a 5 chilometri dal litorale della provincia di Chieti e la confinante «Elsa»; «Vega B» nel Canale di Sicilia; «Po Valley» al largo dell’Emilia Romagna; i progetti «Spectrum» per la ricerca di idrocarburi (davanti a Emilia Romagna, Marche, Abruzzo, Molise e Puglia, per un’estensione complessiva di 30.297 kmq) e altri impianti di estrazione del greggio visibili dalle spiagge, a meno di colpi di scena, non dovrebbero più vedere la luce. Una modifica che riesuma i limiti imposti dal decreto Prestigiacomo e che, di fatto, erano stati cancellati dagli ultimi governi.

Una modifica che, sostanzialmente, «accoglie» e fa propri, in blocco, i sei quesiti del referendum di 10 Regioni (Basilicata, Abruzzo, Marche, Campania, Puglia, Sardegna, Veneto, Liguria, Calabria e Molise) e del movimento «No triv», che su Facebook scrive: «Via, in un sol colpo, l’articolo 38 dello Sblocca Italia e l’articolo 35 del decreto Sviluppo».

«Ora – aggiungono i no-triv -, se il Parlamento accoglierà gli emendamenti, si avrà il blocco dei procedimenti in corso entro le 12 miglia, l’eliminazione della dichiarazione di strategicità, indifferibilità ed urgenza delle attività petrolifere, la cancellazione del vincolo preordinato all’esproprio della proprietà privata già a partire dalla ricerca degli idrocarburi, la limitazione delle attività di ricerca e di estrazione attraverso l’eliminazione delle proroghe, la garanzia della partecipazione degli enti territoriali ai procedimenti per il rilascio dei titoli».

Un cambiamento che premia anche la fervida e lunga mobilitazione in atto, da Nord a Sud dello Stivale, a difesa dei mari e, in particolare, dell’Adriatico: una «conca» chiusa, da tutelare e non da sfruttare, con un ecosistema già a dura prova. «L’emendamento – afferma una nota delle associazioni del coordinamento “No Ombrina” – prevede il ripristino del divieto delle 12 miglia facendo salvi solo i titoli abilitativi già rilasciati. “Ombrina”, – prosegue – pur avendo tutte le autorizzazioni, ad oggi, non ha la concessione di coltivazione, non essendo stato pubblicato il decreto sul bollettino dell’Unmig, il Bollettino ufficiale per gli idrocarburi e le georisorse. È quindi in questo caso una corsa contro il tempo».

Perciò il testo introdotto dà l’alt ad «Ombrina», al centro di feroci proteste, sfociate, anche pochi mesi fa, a L’Aquila, in una contestazione nei confronti del premier, con scontri e feriti. «Otto anni di battaglie. Un’intera comunità si è messa in marcia, studiando migliaia di documenti, elaborando proposte, contestando duramente chi voleva imporre un progetto surreale. Ma non ci fermiamo: le fonti fossili stanno bene nei musei», dichiarano i «No Ombrina». «Occorre vigilare – mette in guardia Enzo Di Salvatore, costituzionalista, autore dei quesiti referendari -. Perché gli effetti dell’emendamento e quindi della legge si avranno con la sua entrata in vigore e, quindi, con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale… E “Ombrina”, della società Rockhopper, è in dirittura d’arrivo… Quindi attenzione ad eventuali scherzi».

«L’emendamento della maggioranza alla Legge di stabilità è una buona notizia per tutti gli italiani – commenta il deputato grillino Gianluca Vacca -. A meno di colpi di scena dell’ultimo minuto la storia di “Ombrina” potrebbe considerarsi chiusa. È la dimostrazione che le lotte di territorio e della popolazione non possono restare inascoltate per sempre». Gioisce la Regione Abruzzo e in particolare il sottosegretario Mario Mazzocca: «Una vittoria di tantissimi cittadini che ci hanno creduto. Una vittoria della pressione popolare, ma anche di chi, nelle istituzioni, ha proceduto imperterrito verso l’affermazione di un modello di sviluppo sostenibile».

Sul testo dell’emendamento i «No Ombrina» fanno notare che «un passaggio negativo riguarda l’abrogazione della previsione del cosiddetto “Piano delle aree”, inserito nell’ottobre 2014, in Parlamento, nella conversione in legge dello Sblocca Italia. Una norma – viene evidenziato – scritta male perché affida al ministero dello Sviluppo economico il potere di approvare il Piano senza l’accordo con le Regioni e gli enti locali». Ma su quest’aspetto e sul divieto di proroga delle concessioni in mare sono stati proposti, nelle scorse ore, due subemendamenti, da Gianni Melilla (Sel), Pippo Civati e Luca Pastorino. Correttivi messi a punto con i «No triv» e, in particolare, da Di Salvatore, che ricorda: «Il Piano delle aree è strumento necessario, volto a razionalizzare l’esercizio delle attività oil & gas».