Il colpo di scena era atteso. Per non affrontare una giunta regionale targata Pd che ha votato il ricorso alla Consulta contro la riforma della scuola e martedì ufficializzerà la partecipazione al fronte referendario delle 5 regioni meridionali contro le trivellazioni in Adriatico e in Basilicata, ieri Matteo Renzi ha disertato l’inaugurazione della 79° edizione della Fiera del Levante a Bari ed è scappato a New York per assistere alla finale dello Us Open tra Roberta Vinci e Flavia Pennetta.

Nello storytelling del politico vincente, la spettacolare fuga da un conflitto che danneggerà il governo ha il sapore di una «scommessa win-win». In ogni caso, la finale di tennis ha avuto una vincitrice italiana. Ha vinto il made in Italy, quindi Renzi che ha identificato il proprio ruolo in quello del manager o venditore di «eccellenze» italiane nel mondo: dalla crescita del Pil alle macchine agli sportivi fino ai prodotti caseari, ripete: «Siamo in Champions League»; «Lo dico senza problemi e lo dico in base ai numeri: l’Italia ha svoltato. Punto». E così via eccellendo, usando la retorica sportiva, metafora della competizione sul mercato e della meritocrazia.

L’importante è tenersi lontano dalla «sfiga»: disoccupazione, povertà, dalle contestazioni annunciate, dai meridionali «chiagni e fotti», dai numeri da brividi scritti nero su bianco dall’anticipazione del rapporto Svimez pubblicato in estate. Per essere smaglianti nella società dello spettacolo non bisogna attardarsi a spiegare perché al Sud il governo taglia 3,5 miliardi di euro di fondi per finanziare gli incentivi alle imprese per il Jobs Act; impone lo Sblocca Italia basato sul capitalismo estrattivo, le energie fossili, le grandi opere; obbliga 7 mila docenti precari meridionali a emigrare nelle regioni del Nord.

Troppi dettagli, troppi contenuti. Renzi ha accennato a 15 accordi territoriali con altrettante istituzioni locali, basati su un meccanismo premiale: «Si elencano le cose da fare, come, chi, quando e con quali risorse». Nulla più di questo. Il masterplan per il Sud promesso ad agosto resta un lontano annuncio estivo.

Il nuovo episodio dell’epopea «Renzi scappa» – una mappa completa si può trovare su Giap!, il sito del collettivo degli scrittori bolognesi WuMing – è stato accolto con ironico fair-play dal governatore pugliese Michele Emiliano che si è unito all’elogio dell’italianità vincente, declinandola sul genus loci pugliese: «Siccome io non potevo andare a New York – ha ironizzato – ho chiesto a Renzi se mi poteva sostituire per sostenere le nostre due atlete». L’assenza del premier? «Il governo è impersonale, noi collaboriamo con il governo, il che non significa cieca obbedienza. Renzi è un amico, ha fatto bene ad andare a New York: è una questione di Stato». Poi uno slancio d’orgoglio, applaudito dalla platea: «Come la recuperiamo la questione meridionale? Attendiamo che la promessa del governo di esentare i cofinanziamenti dal patto di stabilità sia immediatamente mantenuta. Questa cosa la dobbiamo fare!».

Il sottosegretario Claudio De Vincenti ha definito «ridicole» le polemiche di Salvini, Fitto o della Cgil Puglia sull’assenza di Renzi. Si è detto d’accordo con chi vuole che il Frecciarossa raggiunga entro il 2018 anche Lecce da Milano e ha difeso il gasdotto Tap: «Un’opera strategica». A quel punto i sindaci di Vernole o Melendugno si sono alzati e hanno lasciato la sala. «Sono provocazioni. Vogliamo modelli di sviluppo alternativi» gli hanno risposto.
Questo è uno dei problemi del Sud che aspettano Renzi al ritorno dalle vittorie tennistiche altrui. La Puglia si trova inoltre al centro dell’opposizione delle regioni meridionali contro lo Sblocca Italia. Martedì 15 i capigruppo sono stati convocati dal presidente del Consiglio regionale Mario Loizzo (Pd) per decidere sull’approvazione della delibera sul referendum abrogativo dello Sblocca Italia. Così faranno anche Veneto, Abruzzo, Molise, Marche, Sicilia, Basilicata e Calabria.

La conferma che Emiliano stia procedendo in direzione contraria a Palazzo Chigi e al Pd di Renzi è venuta in serata quando la giunta regionale riunita alla fiera del Levante ha confermato che impugnerà la riforma della scuola davanti alla Corte Costituzionale. Se non è una dichiarazione di guerra, le assomiglia. Finché ci riuscirà Emiliano continuerà a interpretare un doppio ruolo: un giorno «amico» del presidente del consiglio, un altro «nemico» che insidia il ruolo del segretario di partito, e viceversa. La sintesi populista dell’uomo di lotta e di governo.