L’appello di Napolitano a favore di indulto o amnistia non affascina Matteo Renzi. Non nomina mai Silvio Berlusconi ma, quando definisce un «gigantesco errore» parlare oggi di atti di clemenza nei confronti dei carcerati, è difficile non credere che pensi anche alla sua situazione giudiziaria. Dal palco della Fiera del Levante, a Bari, in occasione dell’avvio della propria campagna congressuale, il sindaco di Firenze su questo punto non lascia spazi di manovra: «Come facciamo ad andare nelle scuole a parlare di legalità se poi ogni 6-7 anni si svuotano le carceri? – ha affermato -. Quando un detenuto termina il periodo di reclusione viene accompagnato in un percorso di reinserimento. Da Sindaco conosco bene queste realtà. I comuni sono i primi ad essere chiamati a dare il loro contributo e vi assicuro che quando nasce e cresce una cooperativa di ex detenuti è una grande soddisfazione. Tutto ciò, però, non sarebbe realizzabile per tutti quei detenuti che verrebbero messi in libertà da un giorno all’altro». Renzi guarderebbe con favore a idee alternative ma chiude ad ogni ipotesi di amnistia. «Perché non ci si interroga sul ricorso alla custodia cautelare in carcere? – ha sottolineato. Rivediamo questa legge e facciamo in modo che il provvedimento venga adottato solo nei casi di rischio di reiterazione. L’amnistia, però, per noi, non può essere una opzione. Si svuoterebbero le carceri per poco ma si riempirebbero i Comuni scaricando sui sindaci il problema del disagio sociale».

A lanciare la sfida insieme al sindaco di Firenze vecchi amici ma anche tanti uomini che l’ultima volta sostennero Bersani (su tutti il primo cittadino di Bari Michele Emiliano). Ad ascoltarlo tanta gente. Molti giovani, poche cravatte. Lui, solo sul palco, circondato dal pubblico. Nulla è lasciato al caso, a cominciare dallo slogan: «Cambiare verso». «Deve cambiare verso il Pd per far cambiare verso al Paese e, l’Italia, deve cambiare verso per far cambiare verso all’Europa” arringa Renzi. Parla di scuola, di merito, ma è sulla legge elettorale e sull’idea di riforme istituzionali che il sindaco di Firenze prende l’impegno che più rischia di creare tensioni col resto del partito. «Se vinceremo noi il congresso – ha affermato – saremo i custodi del bipolarismo. Non vogliamo più ammucchiate dove i politici vanno nei talk show e se ne dicono di tutti i colori ma poi, in Parlamento, votano insieme. Chi pensa di poter continuare con le larghe intese anche nella prossima legislatura si sbaglia di grosso. Ci faremo promotori entro novembre di una proposta di legge elettorale che garantisca una cosa essenziale: che entro poche settimane dallo scrutinio si sappia chi ha vinto e chi ha perso in modo che, chi ha vinto, possa essere anche il colpevole delle cose che non fa. Siamo per un bipolarismo che garantisca l’alternanza». È l’idea del «sindaco d’Italia» quella che più attrae Renzi e di certo non lo nasconde, così come non ritiene un tabù parlare di modifica della Costituzione. «Va difesa in piazza – ha sottolineato – come oggi (ieri ndr) in tanti hanno fatto a Roma. Va soprattutto, però, applicata contro la rendita e la mancanza di lavoro. Modifichiamola per superare il bicameralismo perfetto che non risponde più alle esigenze della nostra società. Trasformiamo il Senato della Repubblica in una Camera composta dai sindaci e dai presidenti delle Regioni, ovviamente senza indennità aggiuntive».

Semplificazione, lotta alla burocrazia e digitalizzazione sono le altre parole chiave del suo discorso. Al centro di tutto l’Europa. Renzi si propone come il nuovo che avanza nel Pd e nel centrosinistra. Prova a parlare da leader, a toccare i cuori di chi ascolta e a far sentire protagonisti del progetto i tanti scontenti del Pd delle larghe intese. “Bisogna cambiare insieme” ripete più volte e cita il calo dei tesserati («passati da 800 mila a 250 mila») per mostrare quanto forte sia il malcontento. Subito dopo, però, tranquillizza Enrico Letta: «Il Governo non deve avere paura di me ma deve pensare a fare». Parla agli insegnanti; cita tra gli altri il Papa, don Tonino Bello e sogna una riforma del mercato del lavoro che possa rendere i contratti uguali in tutta Europa. Nessuna clemenza per la Fornero che, per il sindaco di Firenze, «ha semplicemente fallito». Non parla, invece, di ambiente, del dramma tarantino dell’Ilva e dei suoi operai a pochi chilometri dal suo palco. Silenzio anche su Alitalia. Non gli mancherà il tempo per recuperare, così come non mancherà a chi vorrà salire sul carro di Renzi e ancora non l’ha fatto. Il sindaco Emiliano però avverte: «Si corre tutti insieme ma nessuno si meravigli se alla fine verrà sorpassato da qualcuno più giovane». La gara è iniziata.