«Occorre un progetto di sicurezza senza tregua, ma anche un progetto culturale, sociale, politico». Un’altra strage e Matteo Renzi torna sulla proposta, avanzata nei colloqui europei già quattro mesi fa, all’indomani degli attentati di Parigi. Il presidente del Consiglio italiano chiede che di fronte all’emergenza terrorismo agli stati membri dell’Unione, soggetti ai rigidi patti fiscali, sia consentito «investire nella cura delle nostre periferie, nella bonifica dei sobborghi delle capitali, nella creazione di scuole e luoghi di socialità, altrettante risorse di quelle che mettiamo in sicurezza».
La commozione, la solidarietà, le telefonate con i capi di governo, la bandiera belga a mezz’asta dal balcone di palazzo Chigi, c’è tutto questo nella giornata di Renzi. Dedicata a seguire gli eventi di Bruxelles con l’eccezione di un vertice non rinviabile con il commissario agli affari economici della Ue Pierre Moscovici, giunto a Roma per parlare proprio della flessibilità chiesta dall’Italia. Il versante economico della lotta al terrorismo per l’Italia non può scivolare in secondo piano, manca infatti assai poco all’appuntamento dei nostri conti pubblici con l’esame Ue; a maggio lo scostamento dai parametri del patto di bilancio europeo potrebbe essere sanzionato. Renzi argomenta le sue ragioni leggendo un testo ai giornalisti, come non è abituato a fare: «La minaccia è globale, ma i killer sono locali. Il nemico si nasconde anche nel cuore delle città europee, nelle periferie di alcune nostre capitali».

È un dato di fatto, di cronaca, che a Renzi torna utile anche per rispondere a quel genere di attacchi in cui eccelle il leghista Salvini, ieri eccezionalmente a Bruxelles (ha un tasso di assenza tra i più altri alle sedute dell’europarlamento) con il rischio di incappare negli attentati. «Chi vi illude urlando “chiudiamo le frontiere” – dice Renzi – non sa di cosa parla, i nostri nemici sono nelle nostre città». «Non è il tempo degli sciacalli – aggiunge il presidente del Consiglio – ma non è neanche il tempo delle colombe».

Perché Renzi non vuole certo fare la figura del pacifista, anche se un pensiero al rischio di escalation in Libia deve pur farlo, quando raccomanda: «Non è il momento delle reazioni impulsive, ma della calma». La seconda parte del suo intervento il presidente del Consiglio italiano la dedica a quello che per lui è un classico: la critica dei ritardi dell’Europa: «È dal 1954 che litiga sulla difesa comune». La citazione in questo caso è per l’anno del fallimento (per decisione francese) della Comunità europea di difesa, primo esperimento di esercito comunitario. Alfano deve aver partecipato allo stesso ripasso storico, perché poco dopo parla anche lui ai giornalisti e dice: «De Gasperi morì con il dolore al cuore per la mancata realizzazione della Ced, è avvilente che siamo ancora a quel punto ma dobbiamo andare avanti».

In concreto, insiste Renzi, «i servizi segreti dei paesi europei devono lavorare di più e meglio insieme, con una collaborazione costante e puntuale. Le forze dell’ordine italiane hanno da offrire l’esperienza maturata nella lotta al terrorismo e alla mafia». La «intensificazione informativa» è anche la chiave proposta da Alfano, che pure spiega di aver chiesto ai prefetti maggiore vigilanza fisica sui luoghi esposti al rischio – aeroporti, porti, stazioni, metropolitane – e «collaborazione ai colossi del web, nel massimo rispetto della privacy» (ma se c’è l’una non può esserci l’altra). Il ministro dell’interno è sicuro di «avere la coscienza a posto, il nostro lavoro di prevenzione è stato premiato». Ma poi aggiunge che naturalmente «nessun luogo è completamente sicuro». Fornisce però qualche dato: «Dal primo gennaio 2015 sono state controllate 109.764 persone sospette», in pratica 250 al giorno. Tutti questi controlli hanno portato a «396 arresti di soggetti ritenuti contigui all’estremismo religioso» mentre altre 653 persone sono state indagate in stato di libertà. Il che porta a concludere che meno dell’uno per cento delle persone «sospette» è risultato poi in concreto di un qualche interesse per gli apparati di prevenzione e repressione del terrorismo.