Mentre tutti guardavano al pericolo scampato sullo scostamento di bilancio, alcuni già mercoledì sera alla camera dei deputati si preoccupavano per lo scoglio immediatamente successivo. Una riforma costituzionale piccola piccola, una di quelle chieste dagli alleati ai 5 Stelle per «riequilibrare» il taglio dei parlamentari, il cui voto era atteso per l’indomani, cioè ieri mattina. Anche l’estensione del voto per il senato ai 18enni avrebbe avuto bisogno della maggioranza assoluta, quella che sullo scostamento era stata raggiunta con appena otto voti di margine e grazie ai gruppi misti, viste le assenze dei deputati di maggioranza per cause legate al Covid (ma non solo). Ed è stato proprio questo secondo scoglio a fermare i giallo-rossi, prima ancora però che si arrivasse alla prova del voto e alla conta dei numeri. Per l’ennesima volta è stata Italia viva ad aprire una crepa nella maggioranza, anche se questa volta è stato soprattutto il Pd a infilarsi in quello spazio per drammatizzare l’incidente e chiamare Conte alle sue responsabilità. Intanto non solo il voto ai 18, ma tutte le riforme che secondo i sostenitori del Sì al referendum avrebbero dovuto seguire rapidamente al taglio dei parlamentari si sono arenate, anche in questo caso in attesa di un chiarimento nella maggioranza. A cominciare dalla riforma più importante di tutte, la nuova legge elettorale, la cui prima lettura sta ufficialmente per slittare al 2021.
Mercoledì pomeriggio ai deputati della commissione affari costituzionali del Pd è arrivato il segnale che i renziani erano entrati improvvisamente in sofferenza sul voto ai 18enni. Una riforma costituzionale che avevano votato senza alcun problema qualche settimana fa al senato e qualche giorno fa in commissione alla camera. Il problema era adesso più generale, politico. Alle undici dell’altro ieri la notizia era ufficiale e ieri mattina Maria Elena Boschi l’ha confermata in conferenza dei capigruppo: «Serve una visione politica d’insieme, prima decidiamo cosa fa il senato, qual è la legge elettorale, quali sono i correttivi alla riduzione dei parlamentari». L’annunciata astensione dei renziani avrebbe fatto naufragare per sempre la riforma (alla quale il senato aveva già tagliato un pezzo, visto che avrebbe dovuto prevedere anche l’abbassamento dell’elettorato passivo per il senato da 40 a 25 anni). E allora il presidente della camere Fico a fatto ricorso a un articolo del regolamento della camera assai raramente usato che riguarda solo i disegni di legge di revisione costituzionale e che gli permette di decidere da solo, in modo inappellabile, un rinvio «a breve termine».
Breve termine significa che prima di tornare a votare sull’elettorato dei 18enni non ci sarà modo di far partire quelle riforme di sistema che chiede Boschi – e che del resto già chiedeva per far passare la legge elettorale proporzionale. Anzi, l’effetto immediato è stato che il relatore della riforma costituzionale che corregge la base elettorale per il senato, quella più immediatamente legata alle conseguenze del taglio dei parlamentari, il capogruppo di Leu Federico Fornaro, ha chiesto di fermare l’esame del suo disegno di legge, fino a qui rallentato dall’ostruzionismo del centrodestra ma che avrebbe dovuto essere sbloccato in due sedute ad hoc all’inizio della prossima settimana. Il chiarimento a questo punto lo chiedono anche gli altri.
Soprattutto lo chiede il Pd, che molto chiaramente drammatizza la mossa di Italia viva e quasi in una convergenza di interessi con i renziani chiama Conte a smetterla di fare «il passante», come gli dice brutalmente il segretario d’aula dei dem Borghi. I problemi vanno ben oltre il tema delle riforme costituzionali che pure, come fa notare un deputato Pd, «sono l’unica cosa che il parlamento stava facendo di sua iniziativa, nel tempo in cui non deve convertire decreti». Le tensioni, visto il periodo, si gonfiano delle attese dei partiti sulla legge di bilancio e delle delusioni che più o meno tutti si aspettano di ricevere dal ministro Gualtieri. Renzi lo dice esplicitamente quando spiega di aver fermato il voto ai 18enni per mettersi attorno a un tavolo e «parlare del Mes».
Intanto però, malgrado il problema politico a questo punto sopravanzi di molto quello tecnico, la giunta per il regolamento si era data appuntamento per cercare un rimedio alle tante assenze dei deputati legate alla circolazione del virus. Il centrodestra è ancora contrario al voto a distanza, e la giunta si è assegnata come primo compito quello di studiare proposte sulla base delle soluzioni adottate negli altri paesi europei. È stato formato un comitato ristretto e ai deputati della giunta è stato consegnato un dossier del servizio studi della camera dove viene messo in luce che quasi ovunque sono state varate misure eccezionali per consentire ai parlamenti di andare avanti con i lavori, malgrado la pandemia. Voto per delega in Francia, riduzione del numero legale in Germania (da noi non risolverebbe il problema della maggioranze qualificate richieste dalla Costituzione), voto a distanza in Gran Bretagna e in Spagna.