«Hanno due libri in uscita». Ospite di Lilli Gruber a Otto e mezzo su La 7, Matteo Renzi, liquidatorio se non sprezzante, relega nel campo dell’autopromozione i ripetuti interventi di cui, negli ultimi giorni, sono stati protagonisti i due ex presidenti del consiglio Romano Prodi e Enrico Letta. Entrambi hanno sottolineato come la missione Mare Nostrum fosse decisamente preferibile, di fronte all’emergenza umanitaria, rispetto a Triton. Entrambi, ognuno a suo modo, hanno criticato le scelte del giovane premier e segretario del Pd, Letta in particolare (e ancora ieri) sulla legge elettorale, Prodi rispetto al «partito della nazione», il «contrario dell’Ulivo».

Ma è soprattutto nei confronti di Prodi, almeno per ora, che Renzi consuma una prima vendetta. E già il fatto stesso che il leader fiorentino decida di prendere di petto il padre dell’Ulivo come mai fatto prima, è una novità. Dunque, come mai l’ex premier, ex presidente della Commissione europea e attuale responsabile del gruppo di lavoro Onu-Unione Africana sulle missioni di peacekeeping in Africa, non è stato scelto come mediatore Onu per la Libia? Risponde Renzi alla giornalista: «Le Nazioni unite hanno scelto Bernardino Leòn sulla base del presupposto che era meglio non scegliere un ex premier che aveva avuto forti rapporti con Gheddafi». Insomma, sarebbe stato Ban Ki-Moon a rifiutare la candidatura dell’ex capo di governo per le sue relazioni troppo intense con il leader libico ucciso a Sirte nel 2011.

Di Romano Prodi possibile mediatore nella crisi libica si era parlato ancora nel febbraio scorso. Erano i giorni (successivi all’elezione del presidente della repubblica che avevano visto il Professore bolognese messo ancora da parte, seppure stavolta in modo incruento) in cui il governo italiano dichiarava e contro dichiarava sulla crisi libica, invocando alternativamente l’intervento militare e la soluzione politica.

L’ex premier avrebbe potuto sostituire o quantomeno affiancare Leòn (nominato rappresentante Onu in Libia nell’agosto 2014), si diceva. E la ministra della difesa Roberta Pinotti si spinse a affermare: «Noi appoggiamo Leòn, ma siamo consapevoli che c’è la necessità di salire di livello. Le scelte sugli uomini saranno condivise». Prodi? «Sarebbe una persona centrale, conosce molto bene la situazione in Libia. Per esperienza politica e per quello che sta vivendo conosce perfettamente l’Africa. Ha rapporti con Russia e Cina. Siamo lavorando affinché l’Italia abbia un ruolo da protagonista». Poi, vista la delicatezza della questione, fu costretta a correggere: «Prodi è una figura importante, ma il governo si muove con efficacia e autorevolezza sul piano internazionale».

Ora Renzi vuole raccontare la sua versione (in realtà già allora si disse alla fine che a Prodi non aveva veramente pensato). E al Professore regala uno dei suoi soliti slogan: «Più che rifare l’Ulivo, io voglio rifare l’Italia».