Ci vorrà ancora un po’ di minuetto ma di fatto Renzi ha aperto la crisi ieri pomeriggio. La conferenza stampa nella quale doveva illustrare le proposte di Iv per il Recovery Plan italiano ha confermato quanto il leader di Iv aveva fatto filtrare nei giorni precedenti con formula quasi brutale: «Il governo Conte 2 è archiviato».

L’ARCHIVIAZIONE PASSA per 61 proposte di modifica alla bozza di Conte, bollata come «senza ambizione, senz’anima, un collage a volte raffazzonato dietro il quale si vede la mano di chi mette insieme pezzi». Con tanto di avvertimento: se su quelle proposte, che rappresentano non una modifica ma un Piano totalmente alternativo, non si trova l’accordo «le ministre si dimetteranno: c’è la possibilità di una maggioranza senza di noi». Non a caso le quattro parole chiave scelte dall’ex premier per siglare il suo contropiano, Cultura, Infrastrutture, Ambiente, Opportunità, formano l’acronimo Ciao. In ballo non c’è solo il Piano. C’è il Mes, sul quale Renzi non arretra e anzi rilancia: «È vergognoso che in un Paese con 273 medici morti di Covid ancora se ne discuta». C’è la delega ai servizi: «Conte deve affidarla a qualcuno. Non torniamo indietro nemmeno su questo». Senza risparmiare affondi durissimi contro i 5S: «A complottare contro l’Italia sono loro con il no all’Alta velocità. E il piano sulla giustizia è impregnato dal loro manettarismo». Ciliegina sulla torta, i 61 punti del Piano Renzi verranno portati a Gualtieri mercoledì. Giusto in tempo per rubare la scena alla conferenza stampa di fine anno del premier.

L’OBIETTIVO DI RENZI, a questo punto, non è più la testa di Conte. Mira piuttosto a un governo Conte ter, nel quale il ruolo del premier sarebbe fortemente ridimensionato, penalizzato da ricambi in poltrone chiave, messo all’angolo dall’ingresso dei vicepremier. È un esito che non dispiacerebbe affatto al vertice di Pd, con l’esclusione di una delegazione al governo che ormai risponde a Conte molto più che a Zingaretti, con viva irritazione di quest’ultimo. Andrebbe bene, pur non potendo confessarlo, anche a Di Maio. Ma in una situazione così fragile, con il partito di maggioranza più forte in parlamento dilaniato da una guerriglia sotterranea permanente, il rischio resta grosso.

LA MOSSA DEL ROTTAMATORE è azzardata ma non un passo da kamikaze. Piuttosto, da giocatore incallito ma anche calcolatore, Renzi sa bene che il Piano non piace neanche al Pd, che lo rovescerebbe come un calzino, ma neppure a LeU, che nella sua bozza di proposte presentata ieri dai capigruppo De Petris e Fornaro mette in campo la necessità di una radicale svolta capace di integrare questione sociale e ecologia ma critica anche gli scarsi finanziamenti per la sanità, la disattenzione totale per le infrastrutture sociali, l’assenza di riferimenti al recupero del divario tra Sud e resto d’Italia. La minaccia di elezioni non spaventa il leader di Iv. Si rende ben conto di quanto difficile sarebbe aprire le urne in piena pandemia, con il piano vaccinazione in corso, a costo di congelare il Next Generation Eu e le possibilità di recupero di un’economia in ginocchio. Sa anche che la carta sventolata da Franceschini, quella di un fronte di centrosinistra rimpinguato da un «partito di Conte», è non solo di esito molto incerto ma sarebbe comunque pagata a caro prezzo proprio dal Pd.

I TEMPI DI UNA CRISI già in corso ma non ancora dichiarata sono incerti. Molto dipenderà dalla reazione di Conte, tentato dall’idea di anticipare lo showdown presentandosi in parlamento e chiedendo una fiducia che forse otterrebbe comunque, recuperando qualche renziano e arruolando qualche senatore dell’opposizione pronto a tutto pur di scansare la fine della legislatura. Ma il risultato sarebbe un governo ancora più fragile, sostenuto da una maggioranza più che mai raccogliticcia ed esigua, del tutto inadeguato ad affrontare le sfide dei prossimi mesi. Ed è un disegno che, probabilmente, non incontrerebbe neppure il favore in questo caso determinante del capo dello Stato. Neppure Renzi può però tenere il gioco in sospeso a lungo. Le dimissioni delle ministre di Iv, senza al momento imprevedibili fatti nuovi o guizzi da parte di una leadership di governo e maggioranza che sin qui ha solo subìto l’iniziativa dell’ex premier, dovranno arrivare prima della befana o al massimo subito dopo.