Stamattina presto, come nelle abitudini efficientiste del premier, Renzi e Berlusconi quasi certamente si incontreranno . Sarà la terza volta. Sarà un incontro breve, interlocutorio e non risolutivo. Anche se entrambi i soci, con relativi entourage, raccontano al colto e all’inclita che l’accordo sulla legge elettorale è chiuso, le cose stanno diversamente. Il problema c’è, eccome.

È un problema con più teste, come un’idra. La prima è quella dei centristi di ogni corrente e di ogni appartenenza, che ieri mattina si sono riuniti subito prima del faccia a faccia tra Matteo e Angelino Alfano. Nello studio del questore del Senato De Poli (Udc), c’erano Quagliariello e Cancian (Ncd), Susta, Balduzzi e Mazziotti (Scelta civica o quel che ne resta), Cesa e de Mita (Udc), Dellai e Romano (Democrazia solidale), Mauro (Popolari per l’Italia). Una miriade di minisigle a cui corrispondono percentuali di voti scarse ma un esercito di senatori: ben 95. Senza il loro appoggio non solo l’Italicum non avrebbe alcuna possibilità di passare al Senato, ma, cosa ben più allarmante, Renzi si troverebbe senza rete e senza copertura quando, in autunno, dovrà fronteggiare una temperie economica che si preannuncia serena quanto l’uragano Katrina.

Sono forti, lo sanno e dettano le condizioni. Quagliariello, felpato, adopera toni aulici: «Poniamo l’esigenza di considerare la legge elettorale in un’ottica di sistema. L’Italicum necessita di correttivi». Alfano, nell’’incontro col premier, va giù più esplicito: «Le stesse soglie di sbarramento del Consultellum, pari al 2 per cento per chi si coalizza e al 4 per chi va da solo, e possibilità di candidarsi in tutti i collegi per i capolista». Quest’ultimo passaggio è determinante per tutti i partiti minori, dai centristi a Sel. La formula studiata dal governo, capolista bloccato e per il resto preferenze, comporta infatti il ritorno alle preferenze solo per i partiti maggiori. Quelli più piccoli, che in ogni circoscrizione eleggeranno probabilmente un solo deputato, restano al palo delle liste bloccate. A meno che non si apra alle candidature multiple. In quel caso lo stesso capolista si presenterebbe ovunque, salvo poi optare per una sola circoscrizione permettendo così le preferenze nelle altre per il secondo posto.

Dei loro voti Renzi ha bisogno, ma a spingerlo verso l’accoglimento delle richieste valgono anche altri elementi. Uno ha il volto severo del presidente Giorgio Napolitano, che ha già chiesto «cambiamenti profondi nella legge elettorale» e vuole sia l’abbassamento delle soglie di sbarramento che il ritorno delle preferenze. L’ultima è Sel, il solo partito con cui Renzi potrebbe avere bisogno di allearsi e che si potrà pure prendere a sganassoni in nome dei rapporti di forza: però fino a un certo punto.

Per questi solidi motivi Renzi, fosse per lui, accoglierebbe sia le parziali preferenze che l’abbassamento delle soglie (certo più contenuto di quanto chiedono i centristi, ma quella è solo una classica apertura di contrattazione). Capita però che Berlusconi non sia d’accordo e che, nella tempesta economica ventura , Renzi abbia tanto bisogno dei senatori azzurri quanto di quelli centristi.
Dopo una giornata di colloqui con Verdini e Letta senior, l’ex cavaliere è deciso a non accogliere entrambe le richieste. O un abbassamento (moderato) delle soglie, che comunque devono restare diversificate, oppure il ritorno delle preferenze.
In più, Berlusconi mira a prendere tempo perché ancora non sa come gestire l’avvicinamento alla maggioranza, che è già iniziato ma si rafforzerà in autunno grazie alla crisi. Nei fatti, come ammettono a porte chiuse i senatori azzurri, Fi è ormai già limitrofa alla maggioranza. Quando Renzi avrà ancor più di oggi bisogno di aiuto, quell’avvicinamento potrebbe, in una forma o nell’altra, diventare ufficiale

Il premier insomma è tra due fuochi. A prima vista è tutta questione di soglie e preferenze. Invece trattasi prima di tutto di quattrini. Con qualche successo economico alle spalle, Renzi avrebbe avuto gioco facile nel piegare gli alleati conclamati e quelli occulti targati Fi. Invece arriva all’autunno in una situazione disperata e per reggere ha bisogno di compattare a tutto campo la stessa maggioranza che ha permesso il varo della riforma costituzionale. Ma all’interno di quella maggioranza campeggiano esigenze opposte, in materia di legge elettorale prima di tutto, ma anche di alleanze politiche conclamate. Perché il nodo venga sciolto non basterà il terzo incontro del Nazareno. Ci vorranno settimane. Anzi mesi.