Un successo distribuito in maniera omogenea in tutta l’Italia peninsulare, più contenuto nelle isole. Nel confronto con le elezioni politiche del febbraio 2013 il Pd guadagna oltre due milioni e mezzo di voti (2.526.827; +29%), anche se in quindici mesi si sono persi per strada 6 milioni e 363mila elettori.

L’analisi dei voti assoluti consente di perimetrare meglio successi e sconfitte, e di fare qualche ipotesi sugli spostamenti dell’elettorato. Con l’eccezione di Sicilia e Sardegna, dove guadagna solo 90.835 voti (+13%), il partito democratico cresce in maniera simile in tutte le circoscrizioni: +449.561 voti nel mezzogiorno, + 542.598 al centro, +579.874 al Nord est e +863.959 al Nord ovest. Renzi dunque guadagna meno al sud dove l’astensionismo è percentualmente più forte (-1.144.956 elettori; -20%) e di più al Nord ovest (+36%) dove l’astensionismo è assai più contenuto (-1.253.524 elettori; -9,9%). Una possibile spiegazione è che il Pd abbia riconquistato una parte di elettori in fuga dal Movimento 5 stelle. Voti già del Pd che si erano allontanati l’anno scorso, e che sono stati recuperati strappandoli alla tentazione astensionistica.

Parallelamente il Movimento 5 Stelle perde in maniera costante i suoi quasi tre milioni di voti (-2.898.541; -33%), si va dal -431.333 del sud al -679.093 del Nord ovest. In maggioranza sono voti rifluiti nell’astensione, assieme alla gran massa dei delusi del Pdl. Ma il movimento di Grillo ha restituito elettori anche ai leghisti. Il partito di Salvini recupera ovunque rispetto all’anno scorso (+296.022 a livello nazionale, +21,3%). Ma mentre la crescita nelle regioni tradizionali è solo buona (+5% al Nord ovest; +25% al Nord est), sono clamorosi i risultati per così dire «fuori casa». Segno evidente che nelle elezioni per l’europarlamento la campagna estremista di Salvini, più grillino di Grillo, ha pagato. Non sono numeri grandi, ma in Sicilia le camicie verdi sono cresciute di 16.467 voti quando ne avevano solo seimila (+270%), discorso simile al centro dove hanno acquistato 90.745 voti (quasi il triplo del 2013). Si tratta di voti di chiara protesta, un’alternativa per i grillini delusi rispetto alla fuga dalle urne. Alternativa limitata, si può stimare che solo il 10% dei grillini in fuga sia passato (o tornato) alla Lega, il resto tra Pd e astensione.

Renzi ha senz’altro recuperato qualcosa anche dagli elettori berlusconiani. Troppo grande il tracollo del Pdl per escludere un passaggio del genere, del resto teorizzato a più riprese dal presidente del Consiglio. E così ieri mattina l’ex Cavaliere si è ritrovato a contare ben 3.260.970 ex elettori (-44,5% rispetto al 2013), di cui appena la metà rintracciabili nei nuovi fan di Alfano (il ministro dell’interno guida un partito essenzialmente meridionale, soprattutto calabro-siciliano). Anche il Pdl ha perso in maniera abbastanza costante in tutte le circoscrizioni, si va dai -400.136 voti delle isole (-46,7%) ai -730.880 del Sud (-36%). Tra i tanti spostamenti c’è anche un partito che è scomparso. Si tratta della ex Scelta civica, oggi Scelta europea. Tramontato senza gloria l’astro di Mario Monti, in quindici mesi la formazione si è trovata a perdere praticamente tutti i quasi tre milioni di voti che aveva raccolto assieme al fu movimento di Fini. Voti, tanti voti, che è ragionevole andare a cercare dentro il successo del Pd, anche se in parte saranno finiti anche ad Alfano. La circostanza induce a un altro ragionamento che ridimensiona un po’ il successo di Renzi: tra i voti persi da Scelta civica e quelli guadagnati dal Pd il saldo è negativo. E se si può dire che l’area di governo ha guadagnato, è solo in forza della new entry del Nuovo centrodestra, domenica al suo primo test elettorale. In definitiva per Pd, Scelta europea e Ncd i voti in più rispetto al 2013 sono 939.467, non uno di più.

Anche per la sinistra che ieri festeggiava il superamento della soglia di sbarramento, e dunque l’elezione di tre europarlamentari, i calcoli vanno fatti con qualche attenzione. Quella riassunta dalla candidatura di Alexis Tsipras è una formazione tutta nuova, ma se un paragone si deve cercare bisogna considerare i risultati che l’anno scorso hanno ottenuto la lista Ingroia (che aveva dentro come partiti Rifondazione, Comunisti italiani e Italia dei Valori) e Sinistra ecologia e libertà. Ai voti ottenuti domenica da Tsipras vanno così aggiunti i pochi guadagnati da Italia dei Valori che ha corso (male) in solitaria. E allora si scopre che il saldo è negativo anche rispetto alla non brillante prestazione delle ultime politiche. Si sono persi 571.524 voti in tutta Italia (-30,8%) con punte al Sud (-237.642 voti; -44,5%) e nelle isole (-94.285 voti; -48%) e un’emorragia più contenuta al Nord ovest (-43.726 voti; -11%). Anche molti voti della sinistra, dunque, sono finiti al Pd di Renzi. In questo dimostrando ancora una volta che il fatale richiamo del voto utile – in questo caso contro la minaccia di Grillo – funziona sempre. Anche quando non è fondato su un pericolo che si dimostra (alla conta dei numeri) reale. Estendendo per la sinistra lo sguardo all’indietro a cinque anni fa si vede che i voti persi tra due elezioni europee sono addirittura quasi un milione, circa il 50%, ma quello era decisamente un altro mondo. Si può anche guardare il bicchiere mezzo pieno: l’assurda soglia è comunque superata e la gran parte dei voti che mancano rispetto alla somma dell’anno scorso si possono probabilmente attribuire al tracollo dell’Idv, allora con Ingroia e che oggi appare come un partito esaurito.

Questa dunque una prima analisi possibile sulle grandezze assolute. Si può a questo punto fare un passo in avanti, immaginando che il risultato delle europee spinga Renzi a forzare la mano e a voler tentare di riequilibrare anche il parlamento italiano. Dove i numeri sono quelli dell’anno scorso e il trionfatore di ieri è costretto ancora a venire a patti con Forza Italia. Il sistema con cui si è votato domenica per mandare i rappresentanti italiani a Strasburgo non è molto diverso da quello lasciato in piedi dalla Corte Costituzionale nella sentenza con la quale ha stroncato la vecchia legge elettorale. Applicare i risultati di ieri al «Consultellum» è poco più di un gioco perché le circoscrizioni sono totalmente diverse e le motivazioni con le quali si andrebbe al voto politico lo saranno possibilmente di più. Ma, insomma, i risultati non potrebbero essere troppo diversi da questi: alla camera dei deputati con le percentuali di ieri il Pd potrebbe ottenere 266 seggi, 136 il M5S, 109 Forza Italia, 39 la Lega, 29 il Ncd, 27 la lista Tsipras e 23 i Fratelli d’Italia (in coalizione, altrimenti resterebbero fuori). Risultato: il Pd per avere la maggioranza dovrebbe allearsi sia con Tsipras che con Alfano. Improbabile. La riforma della legge elettorale resta d’attualità.