Alle due di ieri Giuliano Pisapia sale a Palazzo Giustiniani, negli uffici del presidente Grasso. Un pranzo riservato al quale l’ex sindaco si presenta da solo. Il menù è «uno scambio di vedute sulla fase politica attuale, le elezioni siciliane e le prospettive future». Per coincidenza l’incontro arriva dopo una polemica durissima fra il Pd e il presidente. La sera prima, durante gli exit poll siciliani, Davide Faraone, proconsole renziano nell’isola e mancato candidato, attacca Grasso: «Micari ha avuto il coraggio di candidarsi, quel coraggio che il presidente Grasso non ha avuto. Abbiamo atteso per due mesi il suo sì». La replica di Grasso, tramite il suo portavoce Alessio Pasquini, è dura e puntuale nelle date: il presidente«ha comunicato ufficialmente e con parole inequivocabili l’’impossibilità, per motivi di carattere istituzionale, di candidarsi alla Regione Siciliana il 25 giugno scorso. Non si può addebitare a Grasso il fatto che, al di là dell’ardita ipotesi di far dimettere la seconda carica dello Stato per competere all’elezione del governatore della Sicilia, per lunghe settimane non si sia delineato alcun piano alternativo». La candidatura di Micari in effetti è arrivata a settembre dopo che per lunghi mesi il Pd non sapeva a che santo appellarsi. La distanza fra il Pd e Grasso, indicato dai boatos come leader della lista di sinistra, è sempre più profonda. L’intemperanza di Faraone viene rapidamente archiviato dai compagni di partito come un incidente, ma c’è un nuovo macigno sulla strada – interrotta – del dialogo.

AL NAZARENO era stata una mattina difficile. Quella siciliana è «una sconfitta» per il Pd, ammette il presidente Matteo Orfini che convoca la direzione per lunedì 13 novembre. Ma la linea difensiva è granitica: i numeri non sono poi così peggiori dell’era di Bersani e i veri colpevoli sono i rosiconi della sinistra: «Mdp e Si hanno scelto di candidare Fava con il solo obiettivo di far perdere il Pd e vincere la destra». Il giorno prima Renzi ha fatto filtrare la sua disponibilità a riaprire la partita delle alleanze, perfino con un suo «passo a lato», ma dalle parole di Orfini – e di altri – è chiaro che la proposta è una finta.

I malumori dei non renziani sono forti, ma sono tenuti a freno. Nelle ore prima del voto Renzi ha lasciato trapelare la sfida: «Chi vuole mettere in discussione la mia leadership si faccia avanti». Avanti per ora non si fa nessuno. Per ora neanche Dario Franceschini, il più convinto sostenitore delle alleanze che oggi deve fare i conti il flop di Alfano, uno degli alleati su cui il ministro aveva costruito la sua scienza politica. «Sicuramente si chiederà a Renzi che sia più inclusivo», spiega uno dei suoi. Non è una dichiarazione di guerra. Come non lo sono le parole che arrivano dalla minoranza orlandiana: «Serve una coalizione larga. La maggiore responsabilità sta a noi che siamo il partito più grande ma anche quelli che hanno promosso la scissione non possono bypassare l’analisi del voto. Bisogna misurarsi con la realtà», dice Daniele Marantelli, «le malattie infantili del moderno riformismo sono gli esasperati individualismi e gli stucchevoli conformismi».

MA LE DISTANZE fra Pd e sinistre sono incolmabili. Pisapia, che non si è schierato nella competizione siciliana – altro strappo con i suoi ex compagni di strada di Mdp e Sinistra italiana – analizza il disastro di tutto il centrosinistra e prevede tragedie alle politiche: «L’irresponsabilità diffusa consegna il Pd e la sinistra all’irrilevanza», attacca Massimiliano Smeriglio, «o cambia tutto subito, schema politico, programmi e alleanze, oppure la sconfitta che si prepara sarà storica».

È L’ANALISI, in sostanza, che Pisapia ha voluto confrontare con Grasso. Che è corteggiatissimo a sinistra, nonostante i propositi di «non tirarlo per la giacca». Il dialogo fra i due non è iniziato ieri, viene spiegato. In vista dell’assemblea del 12 novembre, Campo progressista tira la rete e vorrebe mettere insieme sullo stesso palco i radicali italiani di Emma Bonino e personalità della sinistra come, appunto, il presidente del senato. E la presidente della camera Boldrini. La critica a Renzi è ha toni definitivi. Ma la previsione «della catastrofe» tira verso un qualche tipo di alleanza con il Pd.

DALL’ALTRA PARTE MDP oggi riunisce la sua direzione. Il risultato siciliano, al di sotto delle aspettative, non cambia però di una virgola il ’percorso’, che sarà rilanciato oggi: assemblee territoriali di Art.1 verso un assemblea concordata con gli altri, a dicembre, per il lancio della lista unitaria con Sinistra italiana e Possibile. Anche loro, come Pisapia, sperano nella disponibilità di Grasso come front-man e «capo della forza politica», come richiede il Rosatellum. I civici del Brancaccio si riuniranno in settimana per fare il punto della situazione.