«Se ne fregano delle nostre vite in quel palazzo. Siamo da mesi in lotta e nessuna delle nostre istanze è stata recepita nel maxiemendamento». Questa frase è stata pronunciata ieri al presidio dei sindacati della scuola in uno spicchio di marciapiede in piazza delle Cinque Lune a pochi metri dal Senato, assediato da un cordone di poliziotti, caschi allacciati alle cinture. A parlare una delle docenti imbavagliate e incatenate presenti, simbolo di una mobilitazione straordinaria della scuola contro il diniego della libertà di insegnamento voluto dal governo Renzi che oggi imporrà la fiducia al Senato su una delle riforme più contestate degli ultimi anni, quella che porta il nome paradossale di «Buona Scuola». Per fermarlo non sembra essere stato sufficiente uno sciopero generale, al quale hanno aderito 700 mila lavoratori; uno sciopero degli scrutini riuscito (80% delle adesioni); flash mob e cortei, video e articoli di analisi e di critica che attestano la vitalità di un’intelligenza sociale che si è attivata dal 5 maggio scorso contro il governo del Partito Democratico.

Da qui l’immagine forte delle catene e del bavaglio: gli insegnanti si mostrano impotenti davanti a un potere, insensibile e lontano, sprezzante e sordo, che decide tutto dall’alto. Per loro il maxiemendamento, nella forma conosciuta fino a ieri, conferma l’istituzione dei «presidi-manager» che negheranno il bene più prezioso: la libertà di insegnamento. La riforma di Renzi instilla nella scuola pubblica il principio della corruzione e del clientelismo con la «chiamata diretta» dei docenti dagli albi territoriali. Per chi protesta da mesi, questo è intollerabile. «Non che gli aspetti più retrivi non esistano oggi nella scuola – precisa un’insegnante che indossa una maglietta blu a difesa della scuola come «patrimonio pubblico» – ma Renzi vuole instaurare nelle aule la competizione, il servilismo, l’individualismo. Prende cioè il peggio della società e lo impone sistematicamente nella scuola».

Si comprende allora la forza dell’opposizione espressa dai protagonisti della scuola che ha spinto i sindacati a ritrovare l’unità e ad esprimere posizioni molto radicali contro il governo. Ieri Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda si sono espressi così: «Quella di Renzi è una decisione intollerabile per il metodo e per i contenuti – hanno scritto in una nota – Andremo avanti con tutti gli strumenti di lotta possibili. Non si illuda Renzi che la scuola si rassegni alla sua decisione. Il prossimo anno scolastico sarà contrassegnato dal caos di scelte organizzative e didattiche improvvide e sbagliate. La voce della protesta si farà sentire forte e chiara». I Cobas aggiungono: «Per i docenti è intollerabile il potere insindacabile di un preside-padrone alla Marchionne che romperà ogni collegialità. Cui prodest? è una domanda che facciamo a un governo velleitario e antidemocratico e all’opposizione interna al Pd».

Cosa ha determinato queste posizioni così dure? I sindacati hanno cercato di rispondere ad una domanda diffusa di resistenza civile contro l’autoritarismo di Renzi. Una resistenza che avrebbe inciso, a loro dire, in maniera determinante sul risultato delle elezioni regionali dove il Pd di Renzi ha perso più di due milioni di voti rispetto alle europee del 2014. «La scuola non dimentica – ha detto un’altra insegnante – Con il Pd rivedremo nelle urne l’anno prossimo per le comunali». L’arma del voto, per altri partiti, e l’opzione dell’astensione, come estremo baluardo contro un governo-partito che hanno scelto di annientare ogni opposizione. Sempre che sia valida, in un paese governato dal terzo esecutivo creato a tavolino, non frutto del voto su un programma.

Oggi a Roma, alle 17, l’opposizione della scuola tornerà in piazza sfilando in corteo da Bocca della Verità a Campo de’ fiori, durante il voto che dovrebbe segnare il trionfo di Renzi su ciò che resta della minoranza Pd che si sta giocando tutto su un provvedimento contro la sua stessa base elettorale. Ad aumentare il dissenso, la decisione di escludere dall’assunzione dei docenti precari gli abilitati di seconda fascia, tra cui Pas e Tfa che invece avrebbero diritto all’assunzione. Per loro solo una quota del 50% dei posti per il concorso 2016 e solo per i possessori di 36 mesi di servizio. Tutti gli altri a casa. Renzi sostiene di assumere 100 mila persone. In realtà ne sta licenziando 80 mila. Questo caos è l’altra faccia della violenza del precariato che regna nella scuola.