Vivere nell’economia della promessa e del lavoro gratuito. Storia di Andrea Marcolongo, laureata in greco, allieva della scuola Holden di Alessandro Baricco a Torino, blogger de «Gli stati generali», ghost writer e autrice del discorso sulla «generazione Telemaco» pronunciato dal presidente del Consiglio Matteo Renzi all’apertura del semestre italiano alla guida dell’Unione Europea. Sembra essere lei l’autrice delle espressioni idiosincratiche che hanno reso celebre la favella del presidente del Consiglio.

Tutto via Whatsapp. «Si va a Ballarò, Hai idee?» le chiedeva Renzi. «Ad un certo punto mi sentivo come Siri dell’IPhone» ha confessato Marcolongo a Panorama. Sono essere nate così le espressioni «uccellacci del malaugurio», il derby tra la rabbia e la speranza, le citazioni di Frost e Disney. Il libro di Murakami sull’arte di correre abbandonato distrattamente sui banchi del governo alla Camera. Dopo più di un anno di lavoro, ha lasciato l’incarico: «Non sono mai stata pagata, a parte una mensilità» ha spiegato Andrea. «Eravamo tutti così – continua riferendosi ai collaboratori di Palazzo Chigi – Viaggi a Roma e lavori mai pagati, so di persone che si sono indebitate e sono andate dallo psicologo perché distrutti dalle promesse».

Ad ogni richiesta di pagamento, i responsabili le avrebbero risposto come rispondono tutti quelli che hanno dei crediti con i precari o i freelance: «La prossima settimana si risolve tutto, dai che è fatta, manca solo un foglio». Nel frattempo, dallo staff del premier giungeva questa indicazione: «Se ti chiedono chi sei, tu rispondi che sei la segretaria». «Mi era impossibile continuare». La paga c’entra fino a un certo punto, visto che «non è facile per una donna, e non aggiungo altro».

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Andrea Marcolongo, lavorare (quasi) gratis e lasciare Renzi senza parole (da La furia dei cervelli)

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Milanese, dopo avere vissuto a Torino, la ventottenne ghost writer si è trasferita a Livorno, colpita dalla vittoria del Movimento 5 Stelle che esprime il sindaco della città. Oggi di Renzi non vuole parlare. In un’intervista al Tirreno dice: «Mi dispiace che sia passato il messaggio di una rottura per motivi economici» ma «è un’esperienza che rifarei». E ancora: «sì, mi era impossibile continuare…». Invisibilità perfetta. Non apparire, non essere pagata, non avere un ruolo. Su queste basi si capisce la voglia di togliersi qualche sassolino dalle scarpe. Ma è possibile che le motivazioni siano più profonde.

C’è in primo luogo la rivendicazione del proprio ruolo di scrittrice «fantasma». «Sono fiera di quello che ho fatto – sostiene Marcolongo – perché il ghostwriter è una figura professionale riconosciuta e molto stimata in tutto il mondo». Poi, inaggirabile, la questione del salario. C’è quello monetario, che viene derubricato dall’interessata. E c’è quello simbolico legato alla «promessa» di un incarico, ma soprattutto di un riconoscimento che non è stato concesso. Questo «ha distrutto persone indebitate».

Marcolongo dice di essersi sottratta a questo meccanismo che mette al lavoro tutte le risorse di una persona, come attestano le sue sue allusioni. Una fuga che, forse, altri non sono disposti a realizzare. E così alimentano un sistema basato sulla promessa: di fare curriculum, avere «visibilità», ottenere «diritti crescenti» in base al libero investimento di tempo in attività gratuite conto terzi. È il sistema della precarietà alimentato dal Jobs Act e prima dispiegato con i volontari dell’Expo. La promessa è «il salario del lavoro gratuito». «Tra la politica e la promessa vi è un rapporto di immediata contiguità quando non di pura e semplice sovrapposizione» ha scritto Marco Bascetta sul Manifesto (22 ottobre 2014). Nel caso di Renzi la promessa è il motore del suo consenso ottenuto con il 41% dei voti alle Europee. Il motore di queste promesse era azionato dal lavoro (quasi) gratuito di Andrea Marcolongo.