«Te lo dico con sincerità, sul nuovo primo ministro italiano non ho sentito nulla nei circoli politici che frequento per lavoro». Così Shimon Schiffer, pezzo da novanta del quotidiano Yediot Ahronot, ci ha risposto a proposito del giudizio israeliano sull’ascesa di Matteo Renzi alla Presidenza del Consiglio. Nessuna sorpresa. L’Italia contava e conta pochissimo sulla scena mediorientale, anche a casa del piccolo ma potente alleato israeliano. Nonostante gli sforzi degli ultimi governi italiani, di centrodestra e di centrosinistra, per Israele Roma rimane una capitale secondaria. Poco contano le dichiarazioni di circostanza, la realtà è questa. D’altronde perchè Tel Aviv dovrebbe impegnarsi a considerare l’Italia in modo diverso quando l’appoggio pieno e acritico di Roma alle sue politiche è garantito sempre e comunque?

Benyamin Netanyahu si è limitato a una cortese attenzione verso Renzi. L’altra sera il premier israeliano ha avuto una telefonata “molto cordiale”, così è stata descritta, con il neo primo ministro italiano. Si è congratulato, ha invitato Renzi a visitare Israele. Infine la frase dovuta. “L’Italia svolge un ruolo importante a livello internazionale», ha detto non mancando di apprezzare il sostegno di Roma «contro il boicottaggio di Israele». Renzi non ha mai fatto mistero di essere un sostenitore acceso di Israele e tra i suoi principali consiglieri da tempo figura Yoram Gultgend, un economista israeliano naturalizzato italiano divenuto deputato del Pd. Nel 2012 Renzi ebbe modo di far conoscere la sua “visione” del Medio Oriente. «Troppo spesso c’è stato un atteggiamento della sinistra anti-israeliano, inconcepibile e insopportabile», dichiarò il 20 novembre di quell’anno a “Omnibus” su La7, nel pieno dell’offensiva aerea israeliana “Colonna di Difesa” contro Gaza (circa 170 morti, tra i quali decine di civili).

Due giorni dopo, in collegamento telefonico con la “Maratona oratoria per Israele” davanti a Montecitorio, proclamò «Firenze accompagna la vostra maratona e con il suo sindaco è orgogliosa di dirsi oggi amica di Israele». Il 28 novembre, del corso della sfida tv con Bersani, disse di non essere «d’accordo sul fatto che la centralità di tutto sia il conflitto israelo-palestinese». Il problema, aggiunse, «è l’Iran e se non raccogliamo il grido di dolore dei ragazzi di quel Paese, se non risolviamo lì non risolviamo nemmeno la questione tra Israele e Palestina». E’ un punto molto importante. La linea di Renzi coincide con quella della destra israeliana che da tempo ripete che il mondo fa male a concentrarsi sulla irrisolta (da decenni) questione palestinese e sull’espansione delle colonie ebraiche in Cisgiordania e a Gerusalemme est: il problema vero è l’Iran.

Non contento, sempre alla fine del 2012, Renzi decise di contestare la scelta di Mario Monti di dare l’approvazione dell’Italia all’ingresso nell’Onu della Palestina, come stato non membro. Una scelta di campo che suscitò preoccupazione tra palestinesi e arabi in Italia. «Una persona che vuole diventare premier di un Paese mediterraneo come può dichiarare che il popolo palestinese non ha nemmeno il diritto allo status di Paese osservatore dell’Onu?…Non abbiamo bisogno di un premier di questo tipo», commentò Fuad Aodi presidente del Comai, il cartello che raccoglie le comunità del mondo arabo in Italia.

Un anno e mezzo dopo, contro gli auspici di Aodi, Renzi è diventato Presidente del Consiglio e un quotidiano israeliano, Haaretz, due giorni fa ha previsto che il nuovo premier «porterà Roma ancora più vicina a Israele».