La giunta per le immunità del Senato ha deciso di ascoltare Matteo Renzi sulla vicenda delle intercettazioni realizzate durante l’indagine sulla fondazione Open. È stato proprio il leader di Iv a chiedere il 7 ottobre l’intervento del Senato per impedire l’utilizzo da parte dei pm fiorentini di sue registrazioni, chat e mail che, a suo dire, non avrebbero potuto essere realizzate e tantomeno utilizzate senza il via libera preventivo di palazzo Madama.

DUNQUE RENZI SARÀ sentito dalla giunta il 24 novembre. La richiesta è partita da un senatore di Iv, Giuseppe Cucca, ed è stata accolta senza obiezioni. Nella relazione di ieri sera, la senatrice di Forza Italia Fiammetta Modena (relatrice del dossier) ha escluso che il leader Iv possa godere di qualsiasi immunità o guarentigia rispetto alle captazioni precedenti alla nomina a senatore, dunque marzo 2018. Si tratta del grosso dei documenti che vedono coinvolto direttamente Renzi, relativi al 2016 e al 2017.

Sul caso dei messaggi del giugno 2018 in cui Renzi parlava con un imprenditore amico del volo privato per andare negli Usa alla commemorazione di Bob Kennedy (Open pagò un volo da 135mila euro), la relatrice Modena ha invece spiegato che sussiste l’ipotesi di «conflitto di attribuzione», e cioè che i pm avrebbero dovuto chiedere l’ok del Senato prima di inserirli negli atti dell’indagine. Ed è su questi che la giunta, dopo aver sentito l’ex premier, si pronuncerà nella prossime settimane con un voto. Cui seguirà quello dell’aula di palazzo Madama.

IN ATTESA DI ESSERE ASCOLTATO, ieri il leader di Iv ha annunciato: «Io non chiederò l’immunità, anzi, semmai arriveremo in aula per votare per l’acquisizione del materiale, secondo me una cosa illegale e incostituzionale, dirò che per me li possono prendere, purché seguano le regole». Dopo aver chiesto tutela alla presidente Casellati in base all’articolo 68 della Costituzione, dunque Renzi voterebbe contro la sua stessa richiesta. «Ma andrò in tutte le sedi a vedere se hanno violato le leggi», ha detto ieri ospite di Myrta Merlino su La7.

UN ANNUNCIO CHE SA di propaganda. Anche perché Renzi è consapevole che la giunta (con i voti decisivi di Forza e della Lega) terrà verso di lui un atteggiamento iper-garantista. Rendendo inutilizzabili le intercettazioni dal marzo 2018 in poi.

E DEL RESTO L’ARIA È QUELLA di un rapporto sempre più stretto col centrodestra. Testimoniato dalle parole di due esponenti di peso di Forza Italia, Marcello Dell’Utri e Gianfranco Miccichè, che hanno sostenuto come Renzi li abbia rassicurati sul voto di Iv per Berlusconi al Quirinale. «Miccichè dice che lui sa chi vota Italia Viva… Mi scappa ad ridere. I nomi buoni sono quelli che vengono fuori alla fine», ha commentato Renzi.

E Gennaro Migliore ha rincarato: «Ci sono in giro figuranti che cercando visibilità parlando di Renzi. Io non ho mai sentito Matteo parlare di un voto per Berlusconi». Miccichè, che ha cenato con il capo di Iv alcune settimane fa a Firenze, insiste: «Certo che confermo che Renzi avrebbe detto sì alla mia richiesta di votare per Silvio al Colle».

ALLA VIGILIA DELLA LEOPOLDA, che parte il 19 novembre, Renzi si gode il protagonismo ritrovato. Lancia fendenti a Conte che non vuole un confronto tv con lui («Quando hanno distruibuto il coraggio lui era in quarantena, è un coniglio mannaro») e sfida anche i suoi parlamentari, a partire da quelli più in crisi per la svolta a destra. «Se qualcuno vuole fare un accordo con Salvini o la Meloni, fa bene ad andarsene. Se qualche altro vuole un accordo con Conte o Taverna, fa bene ad andarsene. Noi non siamo populisti. Il Pd? Letta e il M5s si sono fidanzati in casa, a Bruxelles. Io penso che con M5S il Pd perde le elezioni».

Il messaggio ai suoi che ancora lavorano a un asse col Pd è chiaro: Iv è fuori dal centrosinistra. E pronta a intese centriste con Forza Italia, che non a caso Renzi non nomina mai, salvo elogiare Berlusconi: «Nello scontro tv con Travaglio è stato 20 volte meglio di me».

SUL CASO DEI COMPENSI per le conferenze, il M5S continua a picchiare. Renzi cita a difesa il premeir inglese Boris Johnson: «Lui ha preso oltre 4 milioni per i discorsi ed è premier in carica. In tutto il mondo succede». Peccato che proprio ieri Johnson sia stato costretto a una clamorosa retromarcia, promuovendo una legge per vietare consulenze retribuite ai parlamentari, dopo lo scandalo che ha coinvolto alcuni deputati Tory.